Piero Di Pietro è uno dei volti che abbiamo imparato a conoscere in questi giorni di disperazione. L’attesa delle ricerche, nella speranza di trovare altri superstiti sotto i cumuli di neve e macerie, non ha mai affievolito la speranza, perché non è mai stato facile, nemmeno per un secondo, immaginare un futuro senza ognuna di quelle persone.
Immaginiamo stessero lottando con la morte, e Piero, da sportivo vero, avrebbe guidato la grande battaglia con la fascia sul braccio, come fa un capitano coi compagni. Questa partita però non è riuscito a vincerla: un’avversaria infima, spietata, misera, troppo forte anche per lui.
Piero era un padre di famiglia orgoglioso delle sue bimbe ormai cresciute, Federica e Fabrizia, e un marito rimasto fino all’ultimo accanto alla sua Barbara. Il destino li ha voluti insieme nella tragedia, loro che altrimenti sarebbero a festeggiare la laurea di Federica, un traguardo condiviso da sempre, nei sacrifici e nei singoli momenti.
Dopo la meritata vacanza, dopo l’abbraccio alla neo dottoressa di casa Di Pietro, Piero sarebbe tornato alla vita di tutti i giorni, fatta di lavoro, ma soprattutto di pallone. Era e sarà la bandiera del calcio loretese, un uomo dedito all’amore per quei colori, lui che quella maglia l’aveva indossata da giocatore e che ha continuato ad onorarla da allenatore, portando il Lauretum dalla Promozione all’Eccellenza, prima di rinunciare a quei livelli e dedicarsi alla guida dei più piccoli. La Scuola Calcio era la sua nuova ragione sportiva, la sua nuova famiglia erano i ragazzini del 2007, con cui appena dieci giorni fa, a Castiglione, si era aggiudicato il torneo giovanile. La carriera da giocatore per gli addetti ai lavori è di quelle che contano: Sulmona, L’Aquila, Penne e Pineto tra le altre, divise e categorie importanti, che l’hanno reso volto e piedi noti nel panorama del grande calcio abruzzese.
Ora resta il ricordo, quello del giocatore divenuto allenatore in un percorso quasi naturale per chi cresce a pane e calcio, e quello dell’uomo, ben più intimo e prezioso, condiviso dalla famiglia, dagli amici di sempre, costretti ad accettare una morte arrivata troppo presto e, purtroppo, non la sola.
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