È passato oramai un mese dall’avvento del coronavirus nel carcere di massima sicurezza di Sulmona e la situazione, seppur in lento miglioramento, non ancora vede concluso, ammesso che vi sarà, il suo completo debellamento.
È quanto si legge in una nota di Mauro Nardella, segretario generale territoriale Uil.
Personalmente sono più di venti i giorni che vengo impiegato direttamente ed in prima linea, insieme a molti altri colleghi a gestire i detenuti affetti da coronavirus.
Il tutto con ripercussioni di natura psicologica che iniziano davvero a pesare come un macigno visto che l’incubo di poter essere coinvolti direttamente nel contagio, malgrado le cautele adottate, sembra non abbandonarci.
Fatta questa doverosa premessa ci si chiede il motivo per cui nel novero delle persone da sottoporre immediatamente al vaccino non vengano ricompresi gli agenti e i detenuti impegnati, come nel caso di Sulmona, in ambiti ove tanti sono i positivi e che in qualsiasi momento rischiano di essere loro stessi veicoli di un possibile quanto non auspicabile contagio.
Mi auguro che chi di competenza si auto-investa di questa esortazione a fare presto, magari andando in deroga ai principi già sanciti, anche per gli agenti e i detenuti coinvolti come appunto nel caso del carcere di Sulmona in strutture colpite dal Covid e metta gli stessi agenti e detenuti interessati sullo stesso piano di sanitari e delle RSA attraverso l’erogazione anche a costoro dei primi vaccini utili.