“Da stanotte i fratelli sono tutti miei fratelli”, quindi abbi coraggio, essere umano che si scopre fragile di fronte al covid: Dio è con te e ti rende più forte dei fallimenti e delle ferite, delle paure e delle preoccupazioni per il futuro. Papa Francesco si rivolge ad una umanità che sente in queste settimane tutto il peso, non solo materiale, di un morbo che non si riesce ancora a sconfiggere ed ha reso molto deboli le nostre difese, non solo immunitarie. Lo scrive l’Agi.
Coraggio, coraggio: i tempi non sono quelli per piangersi addosso ma per aiutare chi soffre, nel nome di uno scarto nato tra gli scarti ma dal pianto tenero quanto potente. Messa di Natale anticipata alla prima parte della serata: la Chiesa accetta e fa proprie le regole per combattere il coronavirus.
Un centinaio di fedeli ammessi a San Pietro, quindi, più i soli cardinali già presenti a Roma. Tutti messi in ordine, davanti l’Altare della Cattedra: due ogni primo banco, uno nella fila successiva, due ancora dietro.
Non una mascherina è stata lasciata a casa, se non quelle del coro, ma il maestro la indossa dirigendo il Kyrie eleison secondo il nuovo messale. Il Pontefice ascolta la Calenda dal presbiterio poi si avvicina al Bambino, toglie il panno che lo copre, lo bacia e lo incensa. Suonano le campane alle estremità della facciata della basilica: l’annuncio e’ dato anche quest’anno. Peccato in piazza non ci sia quasi nessuno, e sarà cosi’ anche nei prossimi giorni.
Domani la benedizione Urbi et Orbi senza affaccio alla finestra del Palazzo Apostolico, ma impartita dall’interno dell’Aula delle Benedizioni. Gli ultimi dati del contagio non autorizzano ad abbassare la guardia, anche se tutti aspettano l’inizio della distribuzione dei vaccini come il momento della Liberazione.
“Sorella, fratello, non perderti d’animo”, rassicura il Pontefice: “Hai la tentazione di sentirti sbagliato? Dio ti dice: ‘No, sei mio figlio!’. Hai la sensazione di non farcela, il timore di essere inadeguato, la paura di non uscire dal tunnel della prova? Dio ti dice: ‘Coraggio, sono con te’. Non te lo dice a parole, ma facendosi figlio come te e per te, per ricordarti il punto di partenza di ogni tua rinascita: riconoscerti figlio di Dio, figlia di Dio”.
Unico, irripetibile, insostituibile: così è ogni essere umano agli occhi di chi lo ha creato. E se è così, non è possibile avere paura. Questo è infatti “il nucleo incandescente che sorregge l’esistenza: al di sotto delle nostre qualità e dei nostri difetti, più forte delle ferite e dei fallimenti del passato, delle paure e dell’inquietudine per il futuro”.
Sì, perché molto è stato sbagliato, molto deve essere corretto. Molto va ricostruito, a partire da un rovesciamento di punti di riferimento. La via ce la indica, come sempre, la Stella. Basta infatti seguire il “tenero pianto” di un bambino appena nato e si capisce la verità Cioè che “il Figlio di Dio è nato scartato per dirci che ogni scartato è figlio di Dio. È venuto al mondo come viene al mondo un bimbo, debole e fragile, perché noi possiamo accogliere con tenerezza le nostre fragilità”.
Ma si scopre anche “una cosa importante: come a Betlemme, così anche con noi Dio ama fare grandi cose attraverso le nostre povertà. Ha messo tutta la nostra salvezza nella mangiatoia di una stalla e non teme le nostre povertà: lasciamo che la sua misericordia trasformi le nostre miserie”.
Scarto fra gli scarti, dimostra che c’è qualcosa di sbagliato nell’approccio degli uomini alla vita. Se ve ne fosse stato bisogno, lo dimostrano in questi mesi i contagi e le morti. Siamo tutti “spesso analfabeti di bonta’”, sottolinea Francesco, che nel corso di quest’anno ha riempito dei suoi passi le strade di Roma e dei suoi streaming le dirette web.
“Chi ha un bimbo piccolo, sa quanto amore e quanta pazienza ci vogliono. Occorre nutrirlo, accudirlo, pulirlo, prendersi cura della sua fragilità e dei suoi bisogni, spesso difficili da comprendere. Un figlio fa sentire amati, ma insegna anche ad amare. Dio è nato bambino per spingerci ad avere cura degli altri”, aggiunge, l’uomo ha “bisogno di lasciarsi attraversare dal suo amore gratuito, instancabile, concreto”.
Invece “affamati di divertimento, successo e mondanità, alimentiamo la vita con cibi che non sfamano e lasciano il vuoto dentro”. Anzi, “insaziabili di avere, ci buttiamo in tante mangiatoie di vanità, scordando la mangiatoia di Betlemme. Quella mangiatoia, povera di tutto e ricca di amore, insegna che il nutrimento della vita è lasciarci amare da Dio e amare gli altri”.
Sono le radici religiose di un pensiero solidaristico che il Papa va proponendo da tempo, Ancora l’altro giorno ha distinto nuovamente tra il prendersi cura dei poveri e il chiedersi come mai ci sia la povertà, lasciando intendere che la prima cosa è destinata ad essere poco fruttuosa, se non accompagnata dalla seconda. Oggi questo Natale meno scintillante, ma non per questo meno vero “ci fa capire quanto sono inutili tanti nostri capricci. Il suo amore disarmato e disarmante ci ricorda che il tempo che abbiamo non serve a piangerci addosso, ma a consolare le lacrime di chi soffre”.
Se ne ricordi, l’essere umano, domani quando tutto sarà passato. Ma inizi a rendersene conto fin da oggi, da stanotte. Le vere rivoluzioni iniziano con il pianto di un bambino che rende tutti fratelli.