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40 anni fa la tragedia di Vermicino

La madre di Alfredino Rampi: "Manca ancora la prevenzione"

In questo Paese “manca ancora a livello diffuso la cultura della prevenzione”. La considerazione è di Franca Bizzarri Rampi, la madre di Alfredino Rampi, il bimbo di 6 anni inghiottito e morto in un pozzo artesiano a Vermicino, a Frascati, nel giugno del 1981.

Un pensiero – riportato dall’Ansa – il suo affidato a Daniele Biondo, psicoanalista, del direttivo del ‘Centro Alfredo Rampi’, fondato a poche settimane dalla tragedia, indimenticabile, anche a distanza di 40 anni, per molti italiani che in migliaia per tre giorni rimasero incollati davanti al televisore per seguire i tentativi di salvataggio del piccolo immerso nel fango. Anzi quando la Rai decise di interrompere la diretta, l’azienda fu subissata di proteste e decise di ristabilire il collegamento ma non poté raccontare il sospirato lieto fine ma il triste epilogo.

“Anche se in realtà Franca Rampi – ricorda Biondo – davanti a quelle telecamere non accettò di esibire il proprio dolore e proprio per questo fu trattata male da una certa stampa conformista dell’epoca. Reagì al dolore con grande forza: fece subito un appello per mobilitarsi come cittadini e istituzioni, fondò dopo poco l’associazione a nome del figlio perché nessuna mamma dovesse vivere il dramma che aveva vissuto lei. Fu l’unica diretta di tre giorni che raccontò davvero la realtà: in cui si vide la confusione, la disorganizzazione, la pressione psicologica sui soccorritori e il paese ne rimase traumatizzato. Fu davvero un racconto della realtà, mentre i reality oggi sono solo finzione” Se sul versante della prevenzione c’è ancora molto da lavorare, su quello dei soccorsi “al contrario si sono fatti passi da gigante – sottolinea lo psicanalista – e in Italia dopo 40 anni è cambiato tanto purtroppo e al tempo stesso grazie a Vermicino. Tutto quello che all’epoca è mancato e che purtroppo, forse, ha generato anche il fallimento del salvataggio di Alfredino è migliorato. Abbiamo imparato che c’era bisogno di un sistema organizzato di soccorsi, un coordinamento tra soccorritori che a Vermicino non c’era”.

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