Il numero di interruzioni volontarie di gravidanza in Italia continua a scendere ed i tassi di abortività sono tra i più bassi al mondo.
Nel 2020 sono state poco più di 66mila, il 9,3% in meno rispetto al 2019 e circa un quarto rispetto al picco massimo di 234mila registrato nel 1983.
E cala, seppur lievemente, anche la quota di ginecologi obiettori: oltre il 60%, pero’, invoca il diritto a non eseguire aborti.
Nel giorno in cui gli Stati Uniti tornano indietro rispetto alla storica sentenza sull’aborto che ha garantito l’interruzione di gravidanza negli Stati, questo e’ il quadro 2020 del nostro Paese fotografato dall’ultima Relazione del ministro della Salute al Parlamento. In Italia l’interruzione volontaria di gravidanza è regolata dalla Legge 194 del 1978 in base alla quale ogni donna può abortire entro i primi 90 giorni (12 settimane) di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari e che, quindi, dipendono dalla volontà della donna.
Secondo i dati della Relazione, l’Italia è tra i Paesi con i più bassi tassi di abortività al mondo: 5,4 interruzioni ogni mille donne tra i 15 e i 49 anni (-6,7% rispetto al 2019). La fascia di eta’ in cui si registrano tassi più elevati e’ quella compresa tra i 30 e i 34 anni (9,4 per mille).
Sono invece le ragazze più giovani, al di sotto dei 20 anni, quelle in cui si è registrato il calo più importante: -18,3%, con un tasso di abortività passato dal 3,7 per mille del 2019 al 3 per mille del 2020.
Si riducono gli aborti anche nelle cittadine straniere, che tuttavia continuano ad avere tassi di abortività più alti rispetto alle italiane (12 per mille). Migliorano i tempi di esecuzione delle interruzioni di gravidanza con un aumento della percentuale di interventi effettuati precocemente, quindi a minor rischio complicanze: il 56% e’ stato effettuato entro le 8 settimane di gestazione (rispetto al 53,5% del 2019), il 26,5% a 9-10 settimane, il 10,9% a 11-12 settimane e il 6,5% dopo la dodicesima settimana. Ciò potrebbe essere dovuto a un incremento del ricorso all’aborto farmacologico, che viene adoperato nel 31,9% dei casi rispetto al 24,9% del 2019. “La riduzione del numero di interruzioni osservata negli ultimi anni potrebbe essere in parte riconducibile all’aumento delle vendite dei contraccettivi di emergenza a seguito delle 3 determina Aifa che hanno eliminato l’obbligo di prescrizione medica”.
Infine, per quel che concerne l’obiezione, nel 2020, la percentuale di ginecologi obiettori su scala nazionale e’ scesa al 64,6% rispetto al 67% dell’anno precedente. Esistono, tuttavia, ampie differenze regionali. Nella provincia autonoma di Bolzano esercita il diritto all’obiezione l’84,5% dei ginecologi, in Abruzzo l’83,8%, in Molise l’82,8%, in Sicilia l’81,6%, in Basilicata l’81,4%. I minori tassi di obiezione tra i ginecologi si riscontrano in Valle d’Aosta (25%). Più basso il tasso di obiezione tra gli anestesisti: nel 2020 e’ pari al 44,6% in lieve aumento rispetto al 43,5% del 2019, con tassi che variano dal 20% della Valle d’Aosta al 75,9% della Calabria.