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Le sfide del Pnrr per il governo che verrà

A due giorni dalla fine del terzo trimestre e dall’inizio del quarto, vediamo quante e quali scadenze Pnrr andrebbero completate entro dicembre

Sono passati tre giorni dalle elezioni politiche che hanno sancito la vittoria della coalizione di centro-destra composta da Fratelli d’Italia (26,2%), Lega (8,9%) Forza Italia (8,3%) e Noi Moderati (0,9%). La prima convocazione delle nuove camere sarà il 13 ottobre, dopodiché si avvierà il processo di formazione del nuovo governo.

Una serie di passaggi delicati, che iniziano con la definizione dei ministeri e la nomina di ministri e sottosegretari. A cui seguono la richiesta di fiducia in parlamento e la riorganizzazione dei dicasteri. Dalla scelta delle deleghe da dare a viceministri e sottosegretari all’eventuale riorganizzazione dei ministeri al loro interno, a partire dalle direzioni generali.

Anche volendo ipotizzare uno svolgimento insolitamente rapido di tutti questi passaggi, i tempi richiesti per la ripresa effettiva dei lavori di un nuovo esecutivo sono inevitabilmente lunghi. È quanto riporta OpenPolis.

L’attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza, al contrario, prevede tempi estremamente ristretti. L’agenda si articola infatti nel conseguimento trimestrale di un determinato numero di scadenze. Il quarto e ultimo trimestre del 2022 si svolge dal 1 ottobre al 31 dicembre e prevede il raggiungimento di 51 scadenze (di cui attualmente 7 già completate), a cui dovrebbe seguire la richiesta da parte dell’Italia all’Unione europea, della terza tranche di finanziamento del piano.

Ma quali conseguenze avrà la formazione di un nuovo governo sull’attuazione del Pnrr? Anche se a oggi possiamo solo avanzare delle ipotesi, è comunque utile ripercorrere i possibili scenari di modifica dell’agenda. E soprattutto, ricostruire un quadro di quanti e quali interventi sarebbe necessario completare entro la fine dell’anno per richiedere nuovi finanziamenti a Bruxelles.

La prospettiva di una modifica del Pnrr

Considerando i risultati elettorali, è presumibile ritenere che sarà la coalizione di centro-destra a formare un esecutivo in grado di ricevere la fiducia parlamentare. E sul Pnrr l’intenzione di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi moderati è quella di rivedere l’attuale agenda. O almeno così hanno dichiarato nel loro programma comune.

Apportare modifiche al piano è un’opzione percorribile, ma che deve necessariamente ricevere l’approvazione della commissione europea per concretizzarsi. In caso di parere negativo, si rischia invece di andare incontro a una sospensione – o nei peggiori casi a una riduzione – dei fondi.

Le proposte di modifica devono essere giustificate da circostanze oggettive che abbiano reso impossibile realizzare gli interventi previsti.

Una circostanza oggettiva, sostiene la Lega, sarebbe l’aumento dei costi delle materie prime. Infatti, se l’ammontare di risorse già destinato a determinate opere risulta insufficiente perché i materiali sono diventati più costosi, è chiaro che tali progetti necessitano delle modifiche per essere comunque realizzati.

Diverso è il caso delle riforme previste dal Pnrr, in particolare quelle su due temi centrali per la coalizione di centro-destra: la giustizia e la legge annuale della concorrenza. Il loro iter è stato avviato e alcune leggi delega sono già state approvate dal parlamento uscente. Chiaramente il nuovo governo, alla guida di uno stato sovrano, potrà decidere di modificare queste normative. Ma per farlo, rimettendo in discussione scadenze che erano già state completate negli scorsi trimestri, dovrebbe prima dimostrare alla commissione europea l’impossibilità di completare tali riforme nel modo in cui erano state originariamente definite. Sperando che l’organo esecutivo dell’Unione sia flessibile nel valutare tali proposte.

Ammettendo che le eventuali richieste di revisione vengano approvate dalla commissione, va sottolineato che un processo di modifica dell’agenda bloccherebbe in ogni caso l’avanzamento delle scadenze e il rispetto del cronoprogramma. Con il rischio di perdere ingenti risorse. Ogni sei mesi infatti, la commissione controlla che i paesi abbiano completato, nei tempi stabiliti, le scadenze definite nei rispettivi Pnrr. In caso di mancanze o irregolarità, l’istituzione può decidere di erogare solo una parte delle risorse o di ridurle complessivamente, qualora le carenze evidenziate non vengano colmate.

Le scadenze e il loro avanzamento

A inizio settembre, il presidente dimissionario Draghi ha chiesto ai suoi ministri di velocizzare i tempi di realizzazione delle rispettive scadenze. L’obiettivo: cercare di completare, per la fine di ottobre, almeno la metà degli interventi da raggiungere entro l’anno. Per salvaguardare gli impegni previsti dall’attuale Pnrr e provare a mettere il paese nelle condizioni di poter richiedere a fine dicembre, la terza tranche di finanziamento a Bruxelles. Tuttavia – in base al nostro ultimo monitoraggio delle scadenze effettuato lo scorso 20 settembre – il governo uscente sembra essere molto lontano dal conseguire il suo intento.

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