I genitori abbattano “il muro di diffidenza” che hanno mostrato prima dell’ordinanza che ha disposto la sospensione della responsabilità genitoriale e il conseguente allontanamento dei figli.
È questo, in sintesi, l’auspicio della corte d’Appello dell’Aquila che ha respinto il ricorso dei legali della ‘famiglia nel bosco’ rilevando allo stesso momento “apprezzabili progressi” da parte della coppia anglo-australiana.
A decidere se saranno sufficienti per la revoca del provvedimento, però, saranno i giudici del Tribunale dei minorenni dell’Aquila che quell’ordinanza l’hanno firmata ormai un mese fa. Un riscontro potrebbe arrivare nei primi giorni della prossima settimana ma, se così non fosse, a quel punto il Natale in famiglia sarebbe seriamente a rischio. Intanto, i giudici abruzzesi – finiti di nuovo nell’occhio del ciclone – si difendono e definiscono “scomposto e offensivo” l’ennesimo attacco del governo, sferrato in prima battuta dai ministri Salvini e Roccella.
Nella sentenza, i giudici dell’appello, si legge sull’Ansa Abruzzo, si limitano a confermare i rilievi dei colleghi di primo grado, respingendo tutti i reclami dei legali, dalla presunta “incomprensione” linguistica al mancato ascolto dei minori, come previsto dalla convenzione Onu.
“I reclamanti – scrive la Corte – hanno un’adeguata conoscenza della lingua italiana, sicuramente sufficiente all’esercizio delle prerogative minime difensive in sede di audizione davanti al Tribunale dei minorenni, come pure sufficiente a interloquire, durante la prima fase del procedimento, con gli assistenti sociali e con gli altri operatori coinvolti nel tentativo di attuazione dell’intrapreso percorso di tutela dei minori”.
Vengono sollevati, inoltre, forti dubbi sui certificati con cui negli anni è stato valutato il grado di istruzione della figlia maggiore della coppia anglo-australiana. Confermando la possibilità di avvalersi dell’ istruzione parentale, i giudici evidenziano la mancanza di alcuni documenti nella richiesta di ammissione agli esami di idoneità alla seconda e terza elementare. “Ad ogni modo – scrivono -, anche a voler ritenere regolarmente osservato, dal punto di vista formale, il procedimento relativo al ricorso alla scuola parentale, va evidenziato come le valutazioni di idoneità” della figlia maggiore “contrastino in modo eclatante con le condizioni di istruzione verificate dopo l’inserimento in casa famiglia, ove è emerso che la bambina non sa leggere e scrivere, né in inglese né in italiano”. Smontato il quadro difensivo e confermate “tutte le criticità rilevate nell’ordinanza”, i giudici rimandano la palla al Tribunale dei minorenni dell’Aquila, auspicando da parte dei genitori “un definitivo superamento del muro di diffidenza da loro precedentemente alzato avverso gli interventi e le offerte di sostegno”. Un invito che è arrivato anche dalla presidente della Camera minorile d’Abruzzo, Carla Lettere. “Il tribunale – è il parere dell’avvocata – si aspetta dai genitori una modifica di quelle condotte pregiudizievoli, chiedendo delle azioni positive nell’ interesse dei minori e mette a disposizione dei minori e dei genitori il supporto dei servizi sociali affinché si possa predisporre una progettualità sull’intero nucleo”.
“Il processo minorile – evidenzia – deve sempre tener conto del ‘best interest’ del minore che si concretizza, secondo giurisprudenza, nel migliore interesse per quel minore in quel determinato frangente”.





