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‘Giacaranda diario di un’anima vagabonda’ racconta la femminilità

eppursimuore defUn viaggio nel tempo e nello spazio che abbraccia il diverso modo di intendere la femminilità: questa è la base della stesura del libro ‘Giacaranda diario di un’anima vagabonda’. Simona Di Berardino è la penna creativa che ha dato corpo ed inchiostro a questa storia vissuta a ritroso negli anni. Lei, giovane ragazza originaria di Paterno, frazione di Avezzano, infatti, durante un viaggio di piacere a Palma De Maiorca, è rimasta affascinata dalla vista di alcune piante e dalla storia di cui esse sono portatrici. Da qui è giunta l’ispirazione per dar vita al romanzo.

Galeotta fu la Giacaranda, una pianta simbolo della femminilità dalla particolare fioritura che si ripete due volte l’anno. In Spagna, infatti, viene piantato un albero di giacaranda, in alcune aree predisposte dal Comune, ogni volta che viene alla luce una bambina: da qui la presa di coscienza femminile di questo frutto del terreno. «Paradossalmente, è nato prima il titolo del libro. – esordisce la scrittrice Simona Di Berardino – Dall’idea evocativa intrinseca nel titolo ho deciso, poi, infatti, di impostare una storia che contrapponesse l’ambiente spagnolo, con i suoi colori e la sua apertura al mondo, all’ambiente più ‘chiuso’ della Massa D’Albe degli anni ’40, così come mi è sempre stato trasmesso da mia nonna. Ad ispirare la trama sono stati proprio i suoi racconti sulla situazione di vita della popolazione costretta, a quel tempo, ad assistere allo sterminio di Massa D’Albe, rasa al suolo dai bombardamenti degli alleati nel 1943». Questa antica usanza spagnola di piantare alberi di Giacaranda, presente già dal secondo dopoguerra, si contrappone, infatti, a molte tradizioni abruzzesi di quegli stessi anni.  La donna, in un ambiente caratterizzato da un’ impronta prevalentemente agricola dove la forza lavoro dell’uomo era fondamentale, al momento della nascita non rappresentava, per questo,  una vera e propria ‘gioia’. È proprio da qui che nasce l’idea del libro.

Il racconto, che si apre con una descrizione dell’ambiente che c’era a Massa d’Albe in quegli anni, ha come protagonista Eva, una ragazza del posto imprigionata in quel luogo a lei stretto. La giovane nutre dentro di sé un disagio, in quanto non si riconosce all’interno dei meccanismi dell’epoca. Quando i Tedeschi arrivano a Massa d’Albe, Eva si innamora di uno di loro. Si tratta, però, di un amore infantile e non ricambiato, dal quale nasce addirittura un bambino. E qui la storia subisce una sterzata, poiché la giovane viene spedita a Roma da una zia in quanto non gli viene permesso di partorire un figlio ‘bastardo’, in un paese dalle rigide idee. Da questo punto della storia in avanti, una serie di eventi faranno in modo che Eva arrivi in Spagna.

«‘Giacaranda diario di un’anima vagabonda’ vuole raccontare, in parole povere, la femminilità, idea insita già nel titolo, ma si ripropone anche nei personaggi.  Nonostante il figlio di Eva sia un uomo, infatti, vive comunque disagi prettamente femminili. Questo è dovuto al fatto che – specifica ancora la scrittrice – ho provato a pensare a come penserebbe un uomo: nell’atto di immedesimazione, però, ho provato qualche difficoltà», afferma. La seconda parte del libro, incentrata sul figlio di Eva, viene ambientata negli anni ’60, prevalentemente a Roma e racconta del giovane nella veste di vagabondo, alla ricerca scalpitante di sé stesso.

«Grazie a questo libro –  aggiunge Simona Di Berardino –  ho avuto la possibilità di partecipare ad un concorso indetto da ‘Valletta Edizioni’, patrocinato dal Comune di Avezzano, nel quale sono arrivata seconda, con mio grande stupore e gioia. L’editrice Claudia Valletta, però, ha deciso di comunque pubblicare il romanzo ugualmente, perché stuzzicata dalla narrazione di questa famiglia».

«Alla presentazione, avvenuta domenica 18 settembre a Paterno, hanno partecipato più di 120 persone. Questa è stata utile anche per me, per riuscire a comprendere meglio il significato del libro dsc_9295che io stesso ho scritto. Più ne parlo e più comprendo le scelte narrative che ho fatto. Ho iniziato a scrivere questo libro semplicemente perché sentivo il bisogno di mettere su carta i racconti di mia nonna, poi, pian piano, ho maturato l’idea della pubblicazione che è avvenuta dopo cinque anni dall’inizio. – conclude la scrittrice – La pubblicazione è stata una soddisfazione personale: essendo un’autrice ancora sconosciuta, infatti, non ho puntato ad un guadagno meramente materiale ed economico, ma ho voluto aggiungere un tassello in più a quella che è la mia passione, la scrittura». Un libro che racconta di un passato tramandato, tempo fa, da una nonna alla sua nipotina e raccontato, oggi, da una ragazza, quindi un passato vissuto due volte da due donne diverse: un vero e proprio inno alla femminilità. (m.p.)

Il libro è disponibile su internet sul sito di Valletta Edizione e nella libreria Rusconi di Avezzano.

 

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