Giacomo Leopardi era in grado di descrivere luoghi esotici ed esoterici, senza nemmeno averli mai visti. Quest’oggi, scomodiamo la sua leggenda perché l’artigianato, sia esso di mente, di spirito o di mani, è pur sempre una forma di letteratura umana. Ad Ovindoli, per caso e per destino, abbiamo incontrato Giulio Negrini, giovane ragazzo aquilano, di 37 anni, che si diletta a fabbricare, nella vita di tutti i giorni e per passione, oggetti e manufatti intagliati nel legno. Una specie di maledizione buona, questa, in un mondo come quello di oggi che è solito impazzire dietro a laconici fermenti virtuali. Qui, la pace dei sensi è la curva di una pioppo, levigato a dovere.
«Tutto comincia nelle lande incontrastate dei paesi nordici dell’Europa, più che altro in Svezia e in Scandinavia, in cui, la donna, di norma e per leggenda, deve possedere la prova della forza e del genio del proprio futuro marito, per essere sicura di condurlo con sé all’altare. L’uomo, cioè, dimostra, nel Nord, la sua maturità e la sua predisposizione al matrimonio, ostentando l’abilità dell’intaglio del legno con un coltello. In quel luogo, è utilizzata molto la Betulla, che, all’incirca, possiede le stesse caratteristiche del Pioppo, se lavorata a fresco. La promessa di matrimonio, quindi, anticamente, andava ben oltre l’anello ed il diamante che suole essere definito il simbolo del ‘per sempre’. Era, prima, la capacità di utilizzare la mani ed un coltello, riuscendo a levigare quanto più dolcemente possibile il legno, la vera prova del nove del ‘per sempre’. In quel periodo, in quelle determinate aree geografiche, l’amore era davvero una cosa semplice. Sebbene la tradizione del ‘cucchiaio dell’amore’ sia oggi pressoché scomparsa, in alcune zone ancora adesso si usa regalare un cucchiaio di legno alle persone in segno di ammirazione». I cucchiai dell’amore, quindi, potrebbero essere un ottimo brand, in fondo. Raccontano la storia di un territorio che, non per forza deve essere il nostro. In fondo, l’Europa esiste anche per questo, ossia per permettere di connettere connessioni ancora disconnesse.
«In lingua inglese, i cucchiai dell’amore sono i cosiddetti ‘Lovespoone’, oggetti oggi anche fin troppo commercializzati, alla pari di souvenir senza personalità. A me – aggiunge Giulio – è sempre piaciuto lavorare il legno. Dare corpo a qualcosa partendo da un pezzo anonimo di materiale, mi ridona anima e volontà. Ho imparato ad intagliare il legno da autodidatta: il primo coltello in mano, me lo ha consegnato mio nonno all’età di 8 anni». Di lavoro, però, il ragazzo aquilano fa il tatuatore professionista, specializzato nella riproposizione sulla pelle dei tribali che raccolgono un po’ la moda e lo spirito di tutta la zona del Pacifico, quindi arte polinesiana e neozelandese. L’intagliatore dà luogo a dei veri e propri pezzi unici, opere d’arte che il filosofo tedesco Walter Benjamin, un tempo non troppo lontano, descrisse, nel suo trattato saggistico intitolato ‘L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica’, come, per l’appunto, prive di arte se riprodotte dal punto di vista meccanico. E questi stessi pezzi unici, nel giro del commercio di oggi, purtroppo, troppo poco spesso trovano un posto. «Ma io dico sempre – conclude Giulio – che le cose, nella vita, vanno fatte per piacere e mai per denaro. Le azioni mosse per piacere, infatti, riescono sempre meglio. Poi, quando si mette di mezzo il concetto del lavoro fine a sé stesso, qualcosa si distrugge per sempre. In fondo, alle mie opere intagliate (in foto), non saprei nemmeno che valore dare. Sono pezzi di racconto, viaggi materiali, plot che si nascondo e che nascono in una curva lignea intagliata». Costruire una nuova epica ed una nuova epoca dell’artigianato in Abruzzo, trasformando il trasformabile e recuperando il recuperabile. Giulio, in fondo, ha tatuato semplicemente una storia in queste parole. Assieme ad altri come lui, potrebbe, invece, arrivare a tatuare la corrente di un piccolo ma grande cambiamento. Pensarci non costa nulla alle tasche, ma solo all’intelletto.