Stamattina gli attivisti hanno inscenato un breve sit-in davanti alla regione Abruzzo nell’ambito di una mobilitazione nazionale promossa dal Forum Italiano dei Movimenti dell’Acqua in decine di piazze italiane per contestare il DDL “Concorrenza” del Governo Draghi. Un provvedimento che intende eliminare le gestioni pubbliche dei servizi locali e cioè trasporti, rifiuti e acqua potabile. Per quanto riguarda l’acqua ciò è in aperta violazione dell’esito del referendum del 2011, quando la maggioranza assoluta degli italiani si espresse per la gestione pubblica di questo indispensabile bene comune.
L’acqua non può essere messa in mano ai privati, cioè a coloro che intendono trarre enormi profitti attraverso la sua gestione. L’acqua non può essere considerata una merce, non può essere lasciata in mano al mercato per produrre guadagni a beneficio dei fondi di investimento internazionali ed a detrimento dell’ambiente e del clima.
Il DDL Concorrenza reintroduce un liberismo becero e immorale per la gestione dei servizi pubblici in modo sistematico. Con questa iniziativa il governo Draghi getta la maschera e si rivela per quel che è, un esecutivo che non cura gli interessi dei cittadini ma solo quelli dell’economia neoliberista.
In Abruzzo il problema della gestione dell’acqua si lega strettamente alla mancanza di una programmazione e di investimenti strutturali per la sostituzione delle ormai vetuste condotte che risalgono alla gestione della vecchia Cassa del Mezzogiorno.
Attualmente vi sono sei enti gestori, una gestione che da tempo contestiamo in quanto la reputiamo assai mediocre visti i continui disservizi lamentati dagli utenti e il dato abnorme riguardante le perdite delle condotte, che mediamente raggiungono il 54%; cioè più della metà di questa fondamentale risorsa si perde prima di arrivare ai rubinetti dei cittadini.
Gli enti gestori invece di varare un piano pluriannuale per la sostituzione delle condotte continuano ad eseguire dispendiose riparazioni che servono solo a tamponare la situazione.
Questo modo di fare ha portato il territorio abruzzese, ricchissimo d’acqua, ad attraversare un periodo di crisi idrica con continue interruzioni del servizio o al razionamento della distribuzione. Tutto ciò ha portato soprattutto nel periodo estivo molti cittadini all’esasperazione.
Alcuni di questi enti gestori mostrano una significativa difficoltà nell’invio sistematico agli utenti delle bollette, con il conseguente risultato che ad alcuni arrivano dopo mesi e mesi e continue sollecitazioni, con richieste enormi e con la conseguenza di alimentare contenziosi e ricorsi.
La soluzione adottata dagli enti gestori non è stata quella di un miglioramento dell’intero sistema gestionale amministrativo ma di far ricadere i mancati introiti sulle tariffe e colpire in tal modo coloro che le bollette le hanno sempre pagate.
Tra l’altro gli enti gestori abruzzesi di proprietà pubblica ma di diritto commerciale verranno colpiti irrimediabilmente dal art.6 del Ddl sulla concorrenza e così si rischia l’ingresso delle multinazionali nella gestione. Rispetto a questa situazione è ancora complessivamente timida la reazione dei gestori dell’acqua abruzzesi, dei consigli comunali e della Regione; fortunatamente centinaia di amministrazioni italiane stanno chiedendo al Governo di cancellare l’art.6 “privatizzatore” dal DDL.
Altra irresponsabile omissione della regione Abruzzo è la mancata approvazione della Carta delle aree di salvaguardia dell’acqua potabile e per la ricarica delle falde.
Strumento questo previsto da D.L. n. 152/2006 e la cui bozza è disponibile dal 2017, visto che era stata assegnata una somma di 440.000 euro di denaro pubblico a una ditta specializzata per la sua redazione. Da allora giace nei cassetti dell’ente nonostante si tratti di un documento indispensabile, attraverso l’apposizione di vincoli specifici ad alcune attività rischiose, per la tutela di tutte quelle aree importanti per la tutela e conservazione della qualità dei corpi idrici sotterranei fondamentali per l’approvvigionamento idrico.
Tutto perché non vogliono applicare vincoli e limiti all’iniziativa privata, dall’industria ad alcuni settori dell’agricoltura intensiva che usa pesticidi pericolosi per la qualità delle acque, in territori così importanti per la cura del patrimonio idrico regionale.
La politica non fugga dalle proprie responsabilità: le proposte, le idee, i programmi di finanziamento decisivi per dare una svolta ci sono. È il tempo dei fatti.