L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) approva la vaccinazione mista per gli under 60 che abbiano ricevuto una prima dose di AstraZeneca, ma le Regioni continuano ad andare in ordine sparso. Chi si adegua alle indicazioni e chi continua a dire no al mix di vaccini; chi sospende i richiami con i farmaci a mRna al posto di Astrazeneca finché non avrà garanzie su ulteriori forniture e chi lascia la possibilità di scegliere se avere o meno la seconda dose con il farmaco anglo-svedese anche se si hanno meno di 60 anni.
Insomma, i territori continuano a non avere una linea comune anche dopo l’ordinanza del ministero della Salute che ha dato indicazioni perentorie – ribadite anche ieri dal ministro Roberto Speranza – sull’utilizzo di Astrazeneca e aprono un nuovo fronte: con i vaccini a vettore virale ormai marginali servono più dosi di Pfizer e Moderna per non rallentare la campagna e raggiungere l’immunità di gregge a settembre.
Il risultato è il caos, che si va ad aggiungere alla confusione e alla perdita di fiducia da parte dei cittadini provocata dall’apertura al mix sui vaccini – sul quale le posizioni degli esperti sono tutt’altro che granitiche – e dall’ennesimo cambio di rotta, il quarto dall’inizio dell’anno, su Astrazeneca imposto dagli esperti alla luce delle nuove evidenze scientifiche e del miglioramento della situazione epidemiologica.
Una confusione confermata nella nota con cui l’Ema, parlando di “disinformazione” e ribadendo che il vaccino di Astrazeneca “resta autorizzato per tutta la popolazione”, cerca di mettere una pezza ad un’intervista, poi smentita, del capo della task force sui vaccini della stessa Agenzia, Marco Cavaleri. Anche per questo il governo ribadisce che la linea non cambia e, anzi, il premier starebbe pensando ad un ulteriore messaggio di chiarezza e rassicurazione da dare agli italiani. Tra le ipotesi, quella di un evento ad hoc per mettere in chiaro alcuni punti ed evitare che la campagna rallenti. “Le nostre indicazioni – dice Speranza – sono perentorie e devono essere seguite. Non è un dibattito politico, non è un presidente del consiglio, un ministro o un presidente di regione che decide: la comunità scientifica internazionale ha dato indicazioni su Astrazeneca che sono cambiate sulla base delle evidenze scientifiche e noi dobbiamo seguirle”.
“Il cosiddetto ‘crossing vaccinale’ è una cosa che la Germania fa da due mesi, che anche la Francia e la Spagna fanno da tempo: è una procedura che ha dato buoni risultati, non sono invenzioni, ma evidenze e studi scientifici”. Lo ha sottolineato il ministro della Salute, Roberto Speranza, in un’intervista al quotidiano La Stampa, parlando del mix vaccinale con Pfizer o Moderna dopo la prima con AstraZeneca. Secondo il ministro “avere due terzi del Paese in zona bianca è il frutto delle misure rigorose adottate e della campagna vaccinale che procede con numeri molto buoni. Ma è necessario continuare sulla strada della prudenza e della gradualità, su questo punto c’è un’ampia condivisione anche tra i cittadini”. Cambiare il vaccino per la seconda dose non è pericoloso, “anzi probabilmente è vantaggioso. Perché è verosimile che il sistema immunitario risponda meglio a stimoli più ampi, diversificati”. Lo afferma Guido Rasi, ex direttore di Ema e ora consulente del commissario straordinario, generale Francesco Figliuolo, in una intervista alla Repubblica.
Con un parere pubblicato in serata una parola definitiva sul mix di vaccini arriva, come detto, dall’Aifa, che approva la vaccinazione mista per gli under 60 che abbiano ricevuto una prima dose di vaxzevria, il siero di AstraZeneca. “Sulla base di studi clinici pubblicati nelle ultime settimane, la Commissione tecnico scientifica dell’Aifa – si legge – ha ritenuto, a fronte di un rilevante potenziamento della risposta anticorpale e un buon profilo di reattogenicità, di approvare il mix vaccinale (prima dose con Vaxzevria e seconda dose con Comirnaty o, per analogia, con il vaccino Moderna)”. E’ in corso di pubblicazione in Gazzetta la determina attuativa. Al momento le Regioni continuano però a non avere una linea comune. Nei prossimi giorni si riunirà la commissione Salute e giovedì ci sarà la conferenza delle regioni: il tema non è all’ordine del giorno ma non è escluso che se ne parli per arrivare ad una posizione unica. Per ora dunque ognuno va per la sua strada. Vincenzo De Luca ha annunciato di aver inviato a Speranza una “nota tecnica” contenente i dubbi sulla vaccinazione eterologa ribandendo il no della sua regione: il mix di vaccini, dice, “non ha avuto sul piano internazionale una sperimentazione ampia”.
Anche la Puglia va per conto suo. La regione, sostiene Michele Emiliano, seguirà le indicazioni del governo e però, “chi volesse fare la seconda dose con Astrazeneca avrà questa possibilità, fermo restando che l’atto della vaccinazione è l’atto del singolo medico che valuterà caso per caso”. La Lombardia continua invece a tergiversare da 3 giorni. Prima ha detto no al mix salvo poi fare marcia indietro, ma i richiami non sono ancora partiti. Il perché lo spiega il presidente Attilio Fontana: servono più dosi di di Pfizer e Moderna.
“Appena sapremo cosa ci risponde il governo, sia sulla fornitura di eventuali dosi aggiuntive sia sulla conferma delle modalità, noi potremo stabilire una data”. E più dosi dei due farmaci a mRna le chiedono anche quelle regioni che hanno annunciato si atterranno alle indicazioni governative: l’Emilia Romagna, che deve fare i richiami a 40mila persone e per questo “servono più scorte”, e il Lazio, che non lo dice esplicitamente ma riporta il richiamo di Pfizer e Moderna da 35 a 21 giorni. E gli altri che fanno? La Liguria si è adeguata, anche se il governatore Giovanni Toti non perde l’occasione per ribadire che anche quando si è utilizzato Astrazeneca sotto i 60 anni ci si è attenuti alle indicazioni del Cts. E si sono allineati la Toscana, il Piemonte – dove la buona notizia è che in un’ora sono andate sold out tutte le prenotazioni per gli open day riservati ai giovani da venerdì a domenica, segno che la voglia di normalità tra i ventenni prevale sulle paure – il Veneto. Dice Luca Zaia: “applicheremo pedissequamente quello che viene prescritto”. Ma il governatore va oltre e già individua quello che sarà il nuovo fronte d’autunno, la terza dose: il green pass dura 9 mesi e, considerando che i primi richiami sono stati fatti il 19 gennaio, a metà ottobre scadranno. Che si farà allora?. “Se non sarà una terza dose sarà un nuovo vaccino – dice – ma ritengo sia impensabile che non ci sia un nuovo richiamo, poi magari mi sbaglierò”.