Il dato negativo è la diminuzione del 3% delle immatricolazioni negli atenei italiani, soprattutto al Sud che segna un -5%. Ma di positivo per i neolaureati c’è l’aumento dei tasso di occupazione, superiore a quello registrato prima della pandemia.
Le retribuzioni segnano una crescita, seppure non in linea con i parametri europei, ma per chi si è laureato da un anno le opportunità lavorative spesso si riducono a contratti dipendenti a tempo determinato.
È quanto emerge dal XXIV rapporto del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, presentato alla presenza del ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa che ha definito il calo delle matricole “un campanello d’allarme” anche se ha aggiunto che l’anno precedente c’era stata una crescita dei nuovi iscritti.
L’andamento delle immatricolazioni dipende molto dalle aree disciplinari.
Rispetto al 2003/04 l’area Stem mostra un aumento del 14%, mentre quella sanitaria e agro-veterinaria ha registrato un incremento del 2%.
L’area artistica, letteraria ed educazione e soprattutto quella economica, giuridica e sociale sono ancora al di sotto della quota di immatricolati del 2003/04: -11% e -15%.
Il rapporto 2022 ha coinvolto quasi 1000 laureati, di quasi 80 atenei, il 90,5% dei quali si è dichiarato i “complessivamente soddisfatto dell’esperienza universitaria appena conclusa”.
Nello studio è stato evitato il confronto con l’anno 2020 proprio per l”insorgere della pandemia da Covid-19. Seppure “tutti gli indicatori presi in esame – è stato sottolineato – figurano in miglioramento rispetto al 2020”.
Entrando nel dettaglio dei dati, nel 2021 il tasso di occupazione è stato, un anno dopo la laurea, del 74,5% tra i laureati di primo livello e al 74,6% tra i laureati di secondo livello del 2020.e rispetto al 2019 segna un +2,9% per i laureati di secondo livello; mentre per quelli di primo livello l’incremento è stato più contenuto +0,4%. Nel 2011 il tempo determinato riguarda circa il 40% degli occupati (41,4% laureati di primo livello e 38,5% laureati di secondo livello).
Quanto alle retribuzioni, sono più alte quelle dei laureati magistrali biennali di ingegneria industriale e dell’informazione e di informatica e tecnologie Ict, pari rispettivamente a 1.893 e 1.851 euro mensili netti. Sotto i 1.400 euro mensili le retribuzioni dei laureati dei gruppi educazione e formazione, psicologico e letterario-umanistico. Per i magistrali a ciclo unico le retribuzioni più elevate sono percepite dai laureati del gruppo medico e farmaceutico (1.898 euro), più contenute quelle del gruppo di educazione e formazione, che si attestano a 1.404 euro.
Permangono le consuete differenziazioni territoriali, di genere ed anche di censo. Ad esempio le migrazioni sono quasi sempre dal Mezzogiorno al Centro-Nord e pertanto, per motivi di studio, il Mezzogiorno perde oltre un quarto dei diplomati del proprio territorio.
La famiglia di origine influenza la scelta dell’università e l’entrata nel mercato del lavoro. I laureati con almeno un genitore in possesso di un titolo universitario sono il 30,9% (nel 2011 erano il 26,9%). Il contesto culturale e sociale della famiglia influenza anche la scelta del corso di laurea: i laureati provenienti da famiglie con livelli di istruzione più elevati hanno scelto più frequentemente corsi di laurea magistrale a ciclo unico, il 43,5% ha almeno un genitore laureato, rispetto ai laureati che hanno optato per un percorso “3+2” .