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Amatrice: un letto di disastro e tanti fiori appassiti troppo presto

L’orologio, per un pezzo intero di Italia, ieri notte, si è fermato all’ora del disastro, le 3 e 36. Dal cielo, svettava ancora la torre campanaria di Amatrice, Comune in Provincia di Rieti, abitato da appena 2650 abitanti, quando, alle prime luci dell’alba, la macchina dei soccorsi si è messa in moto col carburante della speranza. La salvezza di ogni vita umana, in casi come questo, in fondo, dipende da tanti fattori: uno fra tutti, l’immediatezza dell’aiuto. Eppure: il disastro del terremoto, il pianto del dolore, le macerie, le vittime e i bilanci, oggi, fanno sempre più paura, nonostante, al sisma, ossia a questa parola lugubre ma dettagliata al tempo stesso, maledetta ma anche troppo scientifica, non si possa dare una colpa e una pena. Quando la notte di un disastro cade brutalmente sull’abitudine di tutti i giorni, quando davanti si ha l’apocalisse e dietro solo un senso di abbandono quasi divino, ciò che aiuta, è la solidarietà. All’ingresso, un ospedale totalmente inagibile, dismesso e deserto, quale quello di ‘F. Grifoni’ di Amatrice ha fatto da specchio, ad uno spiazzale posto di fronte, pieno zeppo di feriti elemosinanti attenzioni e cure.

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Foto di Nunzio Santellocco

Sono 120, per ora, le vite spezzate dal sisma che ha tumefatto parte del Centro Sud Italia. I feriti ed i malati che sono stati portati via dagli elicotteri e dalle eliambulanze del 118, sono, invece, 368. Questi i numeri della nuova zona rossa d’Italia. Tanti, forse troppi aquilani hanno rassomigliato Amatrice distrutta ad un’altrettanto distrutta Onna, frazione del capoluogo d’Abruzzo che perse, ben sette anni fa, tutta la sua vita contenuta all’interno, definita dai più, infatti, come il paese simbolo della distruzione tellurica. Ad Amatrice, parallelamente ad Onna, non è rimasto nulla, nemmeno una casa agibile, se non il volontariato, la forza delle forze armate d’Italia, dei Corpi che vigilano sulla nostra sicurezza. Ecco, stamani, Amatrice è stata, forse, la casa della disperazione e della rivalsa sulla sciagura al tempo stesso. Due forze perennemente contrapposte ed uguali e contrarie a sé stesse, queste, che, questa mattina, hanno lottato l’una contro l’altra in un campo di battaglia rassomigliante a quello di una guerra. Che effetto faccia perdere tutto in 140 secondi di tempo o poco meno, è dato saperlo solo da chi prova questa emozione nera sulla pelle della propria anima, come se fosse una camminata con i tacchi a spillo, ma di ferro, appuntiti come la lama di mille e più coltelli.

C’è stata, ad Amatrice, la storia di Clara, anziana del luogo, che, dopo ben 50 anni di mancanza dalla cittadina di Rieti, aveva deciso, qualche giorno fa, assieme al marito di farvi ritorno, oramai trasferita da anni ad Ascoli Piceno. Il suo è un racconto che va oltre, che parla di rinascenza non appena rivista la luce del giorno. «E’ stato un rumore spaventoso; cercavo il muro dietro le mie spalle, dopo la scossa, ma non avevo più nulla attorno, era crollato tutto alle ore 3 e 36 minuti. Lo sciame sismico ci ha preso in pieno: attorno al nostro letto, non c’era più nemmeno la lampada che avevo lasciato la sera prima sul comodino. Da Ascoli, mio figlio, un suo collega e mio nipote sono partiti e arrivati alla volta di Amatrice in fretta e furia, non appena percepita la scossa, liberandosi dal tetto ingombrante delle macerie».

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Foto di Nunzio Santellocco

Dalla Marsica, invece, il fiore vuole ancora essere colto, ad esempio, dal Nucleo di Volontari di Protezione Civile di Tagliacozzo, coordinato dal presidente Christian Rossi, sul luogo del sisma, con i suoi uomini, giunto sul posto proprio per allestire il campo tenda. «La nostra operazione, oggi, – spiega alla Redazione – è stata di sola logistica in loco. Abbiamo, infatti, trasportato i materiali per il montaggio della Tendopoli: tende e torre faro. Già da stasera, inoltre, dovrebbe essere attiva e in pieno ritmo anche la cucina da campo. Il posizionamento di una Tensostruttura, infine, quindi di una sorta di costruzione edificata in maniera temporanea, utile per l’allestimento di un punto di intervento, ha permesso la realizzazione di un PMA, ossia di un Posto Medico Avanzato, fulcro della catena sanitaria dei soccorsi in caso di intervento su catastrofe».

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Foto di Nunzio Santellocco

La Pivec marsicana, ossia il Pronto Intervento  Volontario Emergenze Civili della Sezione di Avezzano è stato convogliato, dal canto suo, su Grisciano, una frazione di Accumoli, epicentro del sisma. Qui, gli uomini stanno allestendo un  altro campo tenda. La Pivec di Avezzano è stata presente sul luogo del disastro con quattro elementi partiti dalla città avezzanese, assieme alla Pivec di L’Aquila, alla Pivec di Farindola e ad altri distaccamenti provinciali. Gli intervenuti, ora, stanno allestendo il campo tenda per dare conforto e ristoro agli sfollati, assieme ai bagni chimici ed alla mensa, già funzionante sul posto.

Gli stessi stanno ultimando, inoltre, i lavori per la fognatura e per rendere disponibile all’occorrenza l’acqua. Persone ancora sotto choc circondano il campo dei volontari, agitate dentro ed erose dalla paura. Verso le ore 19, inoltre, il crollo di un edificio di fronte al campo di accoglimento, sempre a Grisciano, ha riacceso il terrore per la notte ventura. Si scava ancora, nei luoghi rossi del sisma, per riuscire a portare alla luce altri ‘fiori’ calpestati dal suolo, altre vite. Questa notte, la si trascorrerà in tenda, a lavorare per gli altri.

 

 

 

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