L’Agenzia delle Entrate, segnalano i contribuenti, continua a notificare avvisi di accertamento per l’anno 2017 oltre il termine del 31 dicembre 2023, utilizzando la sospensione di 85 giorni prevista dall’art.67, comma 1, del decreto legge n.18/2020 (‘Cura Italia’), introdotta per l’emergenza Covid disattendendo, a quanto pare, l’atto di indirizzo del 29 febbraio 2024 della Direzione centrale di Roma che aveva invitato gli uffici finanziari a programmare le attività di controllo in modo da attivare e concludere i procedimenti impositivi entro i termini ‘ordinari’ di decadenza.
Sulla questione dell’applicabilità della proroga introdotta dall’articolo 67 del D.L. 18/2020 ai termini di decadenza per la notifica degli avvisi di accertamento tributari è stato interpellato il commercialista di Pescara Luca Orsini . “È un fatto che continua a suscitare dibattito – spiega all’ANSA Orsini – soprattutto per le annualità non direttamente interessate dalle disposizioni emergenziali del Covid-19.
Durante la fase più critica della pandemia, il legislatore ha deciso di concedere ai contribuenti diverse proroghe per gli adempimenti fiscali, inclusi quelli relativi alle dichiarazioni e ai versamenti ed allo stesso tempo, è stato previsto un rinvio analogo anche per gli enti impositori, che hanno potuto beneficiare di una sospensione di 85 giorni per le loro attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso. Una proroga, quindi, che operava su due fronti: quello del contribuente e quello dell’amministrazione parificando i diritti ed i doveri dell’uno e dell’altro”.
“L’Agenzia delle Entrate è stata però da subito di diverso avviso – prosegue il professionista – ritenendo che la proroga in questione avrebbe influito per tutti i periodi d’imposta per i quali i termini di accertamento non erano ancora spirati al momento dell’entrata in vigore della sospensione: interpretazione che ha suscitato non poche perplessità, stante l’evidente disparità di trattamento. Una disparità che ha portato diverse corti di giustizia tributaria a disattendere, di recente, la tesi dell’Agenzia. E’ pur vero che si tratta di pronunce di primo grado, ma è altrettanto vero che appare ben difficile, a mio avviso, che organi giurisdizionali superiori possano confermare, in favore dell’Agenzia, una siffatta disparità di trattamento.”