Prima zona gialla ed aiuti alle aziende chiuse, anche solo parzialmente, con il Decreto Ristori, poi zona arancione, con chiusura totale di alcune attività (in particolare tutte quelle della ristorazione e dei pubblici esercizi) ed aiuti integrati con il Decreto Ristori bis, da alcuni giorni zona rossa, altre aziende costrette a chiudere (attività commerciali al dettaglio, negozi di abbigliamento, mercati, centri estetici) e, da ieri sera, con la firma del Ministro Speranza, la certezza che anche queste imprese avranno giustamente gli aiuti previsti nei citati provvedimenti governativi. Ad ore arriverà il Ristori ter, poi si parla del Ristori quater, con l’ipotesi di ampliare la lista dei Codici Ateco destinatari degli aiuti e la previsione di sospendere tutte le scadenze fiscali, almeno da qui a fine anno. Questi aiuti, attaccano Filiberto Figliolini ed Arianna Pulsoni, Presidente e Vice Presidente della Confesercenti Area Avezzano – Marsica, seppur importanti non sono certo la soluzione per le imprese che hanno subito la chiusura, ma soprattutto evidenziano come, a differenza della prima ondata, il meccanismo dei codici Ateco risulti sempre più inadeguato o quantomeno insufficiente. Riteniamo che, il solo criterio dei codici attività, allo stato attuale, non riesce a tutelare tutte le imprese delle varie filiere produttive, anche indirettamente colpite dalle misure restrittive. La situazione che stiamo vivendo in questa seconda ondata di contagi, non consente di fare la distinzione tra le attività chiuse per decreto e quelle che, pur rimanendo aperte, vedono il proprio giro d’affari fortemente ridimensionato. Il crollo della domanda sta interessando segmenti sempre più ampi di mercato, tali da rendere chiaramente inadeguato il meccanismo dei codici Ateco. E’ stato il caso dei negozi di abbigliamento aperti fino a martedì scorso ma alle prese con incassi più che esigui, così come lo sarà ancora di più per quelle attività rimaste ora aperte in zona rossa, che devono fare i conti anche con un traffico di clientela più che dimezzato, in quanto le persone si possono spostare dal proprio comune solo per motivi di lavoro e di salute e non per acquistare prodotti o servizi presenti nel proprio territorio. E’ il caso dei parrucchieri che, proseguono i due dirigenti di Confesercenti, in particolare nella nostra zona, hanno una parte rilevante della propria clientela che proviene dai comuni limitrofi e che quindi, con il divieto degli spostamenti, rischiano di restare senza clienti e senza aiuti dallo Stato. Un problema che riguarda anche altre attività, ed in particolare quelle caratterizzate dalla fiducia che si instaura tra fornitore e cliente, quali ad esempio meccanici, carrozzieri, gommisti, lavanderie, ecc..
A questo punto, gli fa eco Carlo Rossi, Responsabile delle Sedi di Confesercenti Abruzzo nella Provincia dell’Aquila, è assolutamente necessario un cambio radicale dell’approccio da parte del Governo. Occorre mettere da parte le liste dei codici Ateco e come criterio per i prossimi contributi adottare il calo di fatturato. Il fatturato è sicuramente l’unico strumento che effettivamente fotografa l’andamento delle imprese ed, essendo ormai al termine l’annus horribilis 2020, è possibile comparare il calcolo all’anno precedente e non utilizzare ancora oggi, a novembre, il riferimento allo scorso mese di aprile. È auspicabile quindi che, in fase di approvazione dei prossimi Decreti, il Governo ed il Parlamento, rivedano il meccanismo dei codici Ateco ed optino per sistemi che individuino i beneficiari dei ristori, seguendo la logica del calo di fatturato.
E’ evidente, concludono Figliolini e Pulsoni, che purtroppo la situazione è complicata ed in Abruzzo sicuramente in peggioramento, occorrono ulteriori risorse, sia per i ristori che per il rinvio di imposte e tasse, Governo e Regione mettano in campo ogni sforzo per far arrivare alle imprese i sostegni economici necessari per superare questo momento così difficile.