“L’Arta ha la competenza istituzionale del controllo attraverso il monitoraggio: siamo il termometro, non la cura. E il termometro dice che la progressione inquinante è in corso: c’è quindi una situazione di allarme resa ancora più emergenziale dall’assenza di un piano di bonifica credibile”.
La nuova denuncia sulla discarica dei veleni di Bussi sul Tirino (Pescara) arriva dal direttore generale dell’Agenzia regionale di tutela ambientale (Arta), Maurizio Dionisio, di professione avvocato, alla guida da circa un anno di un ente che monitora le sostanze inquinanti in atmosfera e nelle acque che continuano a fuoriuscire in una area, lungo il fiume Pescara, dove vivono alcune centinaia di migliaia di persone.
“Che cosa si dovrebbe fare immediatamente? Rimuovere completamente gli inquinanti presenti in grosse quantità. Occorre una non più rinviabile grande opera di bonifica che deve essere attuata con particolare cura e con la previsione di un complesso piano di smaltimento – spiega il dg Arta su quella che è stata ribattezzata la discarica più grande d’Europa scoperta 14 anni fa e oggetto di numerose inchieste e pronunciamento civili e penali”.
In tal senso, il tecnico di area Lega critica la decisione del Ministero dell’Ambiente del precedente Governo, guidato dal ministro Sergio Costa (M5S), e del sottosegretario dem Roberto Morassut, di cancellare, nel dicembre 2019, il provvedimento di aggiudicazione del bando di gara per la bonifica assegnata già alla Dec Deme nel 2018, con circa 50 milioni di euro di fondi pubblici: un’azione cui doveva seguire l’intervento privato della Edison, già dichiarata responsabile dell’inquinamento.
Una revoca annullata dal Tar con il Ministero che ha impugnato il provvedimento davanti al Consiglio di Stato che si esprimerà nel merito il 13 maggio.
“A Bussi il principio giuridico del ‘chi inquina paga’ non viene ad oggi rispettato: il capping non basta a contenere i veleni chimici delle mega discariche. E una responsabilità ce l’ha il precedente vertice ministeriale che ha incredibilmente annullato la gara che avrebbe potuto consentire già da tempo l’avvio della vera e risolutiva bonifica”.
Nel frattempo non ci sono certezze sul ripristino dei 50 milioni stanziati nel 2011 su iniziativa dell’allora sottosegretario Pd all’Economia con delega al Cipe e alla ricostruzione post terremoto dell’Aquila, l’abruzzese Giovanni Legnini, diventato poi vice presidente del Csm e consigliere regionale abruzzese e come tale primo presidente della Commissione di inchiesta su Bussi.
“Fino a questo momento si sono viste opere di scarsa efficacia come se si stesse curando un tumore con l’aspirina – continua Dionisio -. Si tratta solo di opere prodromiche, iniziali, di messa in sicurezza, al pari della perimetrazione e alla captazione dell’acqua di profondità. Ma non può la Edison pensare di fermarsi a questo. Bisogna procedere alla rimozione materiale di tonnellate di rifiuti, che è l’unica e vera soluzione, anche se oggettivamente molto costosa”, spiega ancora -. La discarica dei veleni è tornata alla ribalta con la recente presentazione in consiglio regionale della relazione della commissione d’inchiesta presieduta dal consigliere del Partito democratico Antonio Blasioli: nel voluminoso lavoro si denuncia tra l’altro il clamoroso ritardo della bonifica dei siti inquinati, dove sono stati stoccati, anche abusivamente, tonnellate di veleni del polo chimico di Bussi, scoperti nel 2007 dal Corpo Forestale dello Stato, in località “I Tre Monti”, a sud dell’insediamento industriale e nei pressi del fiume Pescara, e a nord a ridosso del paese, nei siti denominati “2A” e “2B”.
“Il Ministero – continua il vertice dell’Arta – aveva pronto sul tavolo un progetto di intervento risolutivo e di grande qualità, e con i soldi già in cassa per attuarlo. Già affidato con regolare gara europea ad una società affidabile, con grande esperienza sul campo. Poi, inspiegabilmente e con grande stupore di tutti i soggetti istituzionali coinvolti, il Ministero ha posto nel nulla questo affidamento. Noi ci siamo scagliati contro questa decisione assieme a Regione e Comune di Bussi e abbiamo stravinto al Tar. E dopo il responso di primo grado che ha annullato la revoca della gara, tutti eravamo convinti che il Ministero dell’Ambiente si fermasse lì. E invece ha fatto ricorso al Consiglio di Stato, chiedendo anche la sospensiva degli effetti della sentenza del Tar”.
Sulla volontà di fare o meno la bonifica del sito, Dionisio è chiaro: “Sono direttore generale di un ente tecnico, non posso rispondere su questioni di carattere politico e che esulano dal mio ruolo. Non posso dire se ci sia una regia o meno dietro quello che è accaduto, o una ‘riserva mentale’, per usare il gergo dei penalisti. E’ un dato di fatto però che a seguito di certe decisioni del Ministero la bonifica è stata fortemente rallentata. E la mia domanda a questo punto è: a quale costo per l’ambiente e per la salute dei cittadini?”, conclude Dionisio.