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Capestrano, incontro con Sabrina Prioli

Lotta per sé ma soprattutto per tutte le donne

Sabato 6 dicembre a Capestrano, Sabrina Prioli è stata ospite de “la Dama di Capestrano” – Spazio d’Arte Multidisciplinare di Capestrano in provincia di L’Aquila– per la presentazione del suo libro “Non finisce mai: stupro dopo stupro” Ed. Helicon con prefazione di Moni Ovadia.

L’autrice, intervistata dalla giornalista Michela Santoro, ha condiviso la sua storia di stupro e di vittimizzazione secondaria, trovando un ambiente multiculturale attraversato da sensibilità, empatia e una profonda partecipazione alle tematiche affrontate.

Erano presenti i sindaci di Capestrano e il Vice, Fontecchio, Barisciano e Navelli e Ofena che hanno raccontato come, nelle piccole comunità, si lavori ogni giorno per contrastare e prevenire la violenza contro le donne. Realtà dove la vicinanza e il senso di comunità rappresentano una forza, ma dove allo stesso tempo silenzio, reticenza e vergogna rendono ancora più difficile rompere il muro e parlare apertamente di violenza.

Presente anche Stefania Pezzopane, con cui l’autrice ha affrontato il tema del consenso e di quanto sia fondamentale l’approvazione della legge che lo tuteli in modo chiaro.

“Le reazioni al trauma della violenza sono molteplici e diverse per ogni donna: io mi sono congelata. Per anni ho ricordato solo alcuni degli stupri e delle torture subite. Non ho potuto denunciare tutto subito perché la mia mente e il mio corpo si sono spenti. Non ho reagito, non ho gridato, non ho attaccato, non mi sono difesa, non sono scappata. Ma non ho detto SÌ”, afferma Sabrina Prioli.

L’incontro ha ribadito un principio fondamentale: ascoltare le vittime è il primo, imprescindibile passo per combattere la violenza di genere. Un ascolto autentico, competente e non giudicante permette alle donne di uscire dal silenzio, riconoscere ciò che hanno subito e intraprendere percorsi di cura e di giustizia. Creare contesti in cui le vittime possano sentirsi credute e sostenute non è solo un atto umano, ma un dovere sociale e istituzionale.
Solo così la comunità può diventare davvero un luogo di protezione e di ripartenza.

Comunicato stampa

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