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Carcere Sulmona: rivedere utilizzo alcolici per prevenire aggressioni

Il segretario generale territoriale UIL PA polizia penitenziaria "Nelle ultime aggressioni a far da comun denominatore sembrerebbe essere stato il consumo eccessivo di alcol"

“Nelle aggressioni avvenute ultimamente nel carcere di Piazzale vittime del dovere a Sulmona e perpetrate a danno di diversi poliziotti penitenziari (alcuni dei quali sono dovuti ricorrere alle cure del pronto soccorso e finanche ad interventi chirurgici) a far da comune denominatore sembrerebbe essere stato il consumo eccessivo di alcol”.

Così in una nota Mauro Nardella, segretario generale territoriale UIL PA polizia penitenziaria e componente della segreteria confederale CST UIL Adriatica Gran Sasso.

“Com’è noto l’articolo 14 del regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario seppur vieti la ricezione dall’esterno di sostanze alcoliche consente ai detenuti di acquistare, tramite gli spacci interni, l’equivalente di mezzo litro di vino di gradazione non superiore ai 12 gradi o, in alternativa, un litro di birra – aggiunge – È vero che è vietato l’accumulo di queste sostanze. È, però, altrettanto vero che da diversi anni a questa parte ci sono sempre meno agenti in grado di controllare, così come si converrebbe, che ciò non avvenga”.

“Resta ovvio pensare che se si volesse ovviare a tutto questo o si dovrebbe fare leva sull’utilizzo di più agenti per sezione detentiva (impossibile con l’organico attuale) oppure si fa come si è fatto in moltissimi altri istituti presenti sul territorio nazionale ovverosia togliere dalla mensa dei detenuti riottosi all’ordinamento penitenziario (riunendoli in idonee sezioni onde evitare che altri paghino per colpe non loro) l’alcool e magari, sostituirlo con birra analcolica se proprio non si volesse incidere in maniera eccessivamente ‘invasiva’. L’auspicio quindi è che la direzione del carcere di Sulmona recepisca l’invito che la Uil PA polizia penitenziaria fa e lo ratifichi quanto prima. D’altronde da che mondo è mondo è vero o no che prevenire è sempre meglio che curare?”, conclude.

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