Sono 61.140 i detenuti presenti nelle carceri italiane: i posti disponibili ammontano a 46.982, rispetto alla capienza regolamentare di 51.269, per un indice di sovraffollamento del 130,06% a livello nazionale. Sono alcuni dei dati – aggiornati al 31 luglio – resi noti da Felice Maurizio D’Ettore, Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Sono 150 (pari al 79%) gli istituti con un indice di affollamento superiore al consentito che in 50 casi risulta superiore al 150%, con il picco record del 231,15% per Milano San Vittore. La quasi totalità delle regioni (17) registra un indice di affollamento superiore agli standard e solo tre si collocano al di sotto della soglia regolamentare.
Notevoli le differenze a livello locale: Puglia (165,37%), Basilicata (150,99%), Lombardia (151,50%), Veneto (145,54%) e Lazio (144,05%) mostrano un “preoccupante indice di sovraffollamento”, in buona parte determinato dal divario in negativo tra capienza regolamentare e posti regolarmente disponibili, “tale da dover necessariamente orientare in termini logisticamente mirati i preannunciati interventi legislativi in tema di edilizia penitenziaria – sottolinea il Garante – considerandosi non praticabile una teorica, omogenea, distribuzione della popolazione carceraria su tutto il territorio nazionale, frapponendosi, innanzitutto, la primaria esigenza di salvaguardare la prossimità del collegamento tra detenuto e proprio nucleo familiare di provenienza che impedisce l’automatico trasferimento dei detenuti in regioni come la Sardegna (il cui indice di affollamento si attesta al 93,94%), il Trentino Alto Adige (94,78%), la Valle d’Aosta (81,92%)”.
I detenuti stranieri ristretti all’interno dei penitenziari italiani sono attualmente 19,151 (pari al 31,33%), di cui 2787 comunitari e 16,364 extracomunitari: “Si tratta di un dato assai elevato che, soprattutto se coniugato alla tipologia di reati dagli stessi commessi – in gran parte contro il patrimonio -, consentirebbe di operare significativamente in termini deflattivi mediante un intervento legislativo finalizzato ad individuare domicili idonei a consentire la concessione della detenzione domiciliare che, ad oggi, risulta accordabile solo astrattamente ma non in concreto, frapponendosi l’indisponibilità di adeguate e sicure allocazioni alternative rispetto al carcere”.
“All’aumentare del sovraffollamento carcerario è ipotizzabile che si possa associare un incremento degli eventi critici, in particolare di quelli che, più di altri, sono espressione del disagio detentivo, quali atti di aggressione, autolesionismo, suicidi, tentativi di suicidio, omicidio, aggressioni fisiche al personale di Polizia penitenziaria e al personale amministrativo”. E’ quanto rileva il Garante D’Ettore, ricordando che dal 2016 al 2023 il numero degli eventi critici è aumentato del 139,5%, da 63.897 a 153.145. Tra le diverse tipologie di eventi critici presi in esame figurano le aggressioni, gli atti coercitivi, gli atti di auto danno intenzionale, le manifestazioni di protesta collettiva e individuale: anche in questo caso si registra un forte aumento, dai 26.329 del 2016 ai 36.729 del 2023.
Le persone detenute che dall’inizio dell’anno al 31 luglio si sono tolte la vita in carcere sono 58, diciotto in più rispetto al periodo corrispondente del 2022 e del 2023. Dei 58 suicidi quest’anno, 56 erano uomini e 2 donne; 32 gli italiani e 26 gli stranieri, provenienti da 15 diversi Paesi. Le fasce d’età più presenti sono quelle tra i 26 e i 39 anni (27 persone) e tra i 40 e i 55 anni (14 persone); le restanti si distribuiscono nelle classi 18-25 anni (7 persone), 56-69 anni (9 persone) e ultrasettantenni (una).
L’età media delle persone che si sono tolte la vita in carcere è di circa 40 anni. Con riferimento alla loro posizione giuridica, 23 dei suicidi erano stati giudicati in via definitiva e condannati (39,66%), mentre 7 avevano una posizione cosiddetta “mista con definitivo”, cioè avevano almeno una condanna definitiva e altri procedimenti penali in corso; 23 (39,66%) erano in attesa di primo giudizio, 2 ricorrenti, 2 appellanti e un internato provvisorio.
La maggior parte delle persone che si è tolta la vita in carcere era accusata o era stata condannata per reati contro la persona (31, pari al 53,45%): 13 per omicidio (tentato o consumato), 8 per maltrattamenti in famiglia e 4 per violenza sessuale. A seguire i reati contro il patrimonio (18) e di droga. Quanto alla durata della permanenza presso il carcere nel quale è avvenuto l’evento, risulta che 30 persone, pari al 51,8%, si sono suicidate nei primi sei mesi di detenzione; di queste 7 entro i primi 15 giorni, 3 addirittura entro i primi 5 dall’ingresso.
Gli istituti in cui si sono verificati i suicidi sono 40, pari al 21% del totale delle strutture penitenziarie. Quanto invece ai decessi “per cause da accertare” avvenuti sempre all’interno delle carceri, dall’inizio dell’anno al 31 luglio sono stati 14, tutti di uomini: 9 gli italiani e 5 gli stranieri. Le fasce d’età più presenti sono quelle tra i 26 e i 39 anni (6 persone) e tra i 40 e i 55 anni (5).