“La situazione che stiamo vivendo in Regione Abruzzo in merito al reperimento di Dispositivi di Protezione Individuale rimane ancora complicata. Oltre al personale che lavora all’interno degli ospedali, è dovere della Giunta pensare anche a tutte quelle persone che affrontano gravi patologie a casa, e al personale che li assiste nelle mura domestiche. Siamo venuti a conoscenza, però, che molte associazioni che svolgono servizio di Assistenza Domiciliare Integrata sono state lasciate all’abbandono dalle istituzioni regionali, dalla Giunta e dalle Asl competenti, rimanendo costantemente privi delle protezioni necessarie per agire in sicurezza sui pazienti”.
Ad affermarlo è il Capogruppo M5S di Regione Abruzzo Sara Marcozzi: “Parliamo di associazioni che svolgono un lavoro fondamentale per consentire a tanti abruzzesi affetti da malattie croniche o degenerative di poter essere aiutati a casa, dando un supporto essenziale anche alle famiglie che necessitano assistenza per fornire le migliori cure ai propri cari. L’espandersi del Coronavirus non può certamente essere una scusa valida per interrompere servizi che, in determinate circostanze, fanno la differenza tra la vita e la morte. È qui che dovrebbero intervenire le istituzioni regionali, fornendo agli operatori i necessari dispositivi di sicurezza, quali mascherine, guanti e camici monouso. Purtroppo, questo non sempre accade, e in molti casi anche le richieste di aiuto inviate rimangono lettera morta”.
“Sento troppo spesso la propaganda della Giunta regionale e del Presidente Marsilio parlare già di una fantomatica ‘Fase 2’ nella quale consegnare mascherine a tutti i cittadini abruzzesi. Li invito a pensare meno in grande, a limitare le frasi che si prestano bene a titoli di giornale e slogan, per rimanere con i piedi ben saldi sulla realtà. Il primo passo deve essere quello di fornire a tutte le associazioni che svolgono assistenza a domicilio, ai pazienti stessi e ai loro familiari, i DPI necessari e idonei per continuare a intervenire in totale sicurezza. Non sono ammesse zone d’ombra nella rete di assistenza sul territorio”, conclude.