Questa mattina i Carabinieri del Nor di Avezzano, guidato dal tenente Tarantini, assieme ai militari del Nucleo Operativo Ecologico di Pescara e ai Vigili del Fuoco sono entrati all’interno della struttura, ancora sequestrata dalla Procura della Repubblica per via dell’indagine in corso sulla natura del rogo. Ad accompagnarli in questo ingresso autorizzato per monitorare la situazione e ispezionare lo stato attuale delle cose, anche i tecnici della ditta Casinelli.
Un rogo, lo ricordiamo, scoppiato alla metà del mese di luglio scorso e che ha generato due conseguenze, di diverso carattere è vero, ma entrambe molto tragiche: la distruzione del Centro di Riciclo di Avezzano nel Nucleo Industriale della città – una struttura storica, in realtà, esistente sin da quando Mario Spallone era sindaco – e la scoperta, amarissima, della presenza di Eternit nel tetto. Due eventi, connaturati tra di loro, che stanno segnando il tempo che passa, poiché, di tempo, ne sta passando davvero tanto.
Da un lato c’è la proprietà, la famiglia Casinelli di Sora, che dava lavoro a 15 dipendenti e che si trova, adesso, ferma al palo, con un’azienda nell’immobilità assoluta da tre mesi a questa parte. Una ditta a conduzione familiare che ha presentato già ben tre piani di intervento nell’area distrutta dalle fiamme, per la bonifica. Una prima istanza, precedente alla scoperta della presenza dell’amianto, atta a rimuovere i cassoni nel sito, negata poiché l’area risultava contaminata. Una seconda istanza, presentata dalla ditta alle autorità competenti a seguito della scoperta dell’amianto nel tetto, che prevedeva la rimozione di amianto compattato residuato, rigettata poiché l’amianto, dopo il rogo, era diventato, in base alle analisi dell’Arta Abruzzo, friabile.
Ad oggi, nonostante la ditta abbia presentato anche l’ultima istanza che prevede un piano di bonifica della zona con una specifica tecnica, piano di sicurezza affidato dalla ditta Casinelli all’impresa Castaldi Srl, non può ancora partire con l’operazione di rimozione dell’amianto per via della mancanza del nulla osta della Asl. L’amianto, insomma, è ancora lì, divenuto materiale friabile dopo l’incendio per via del crollo del tetto, che aspetta solo di essere rimosso con una strategia specifica. E poi c’è la questione regina: i proprietari del Centro di riciclo del Nucleo Industriale sapevano o no che il tetto era in amianto e, quindi, contro la legge? Ugo Casinelli, l’attuale proprietario, assistito dall’avvocato Leonardo Rosa del Foro di Avezzano, ha acquistato la struttura nel lontano 1999 da un’asta pubblica, indetta dal Tribunale della città marsicana.
In quella sede, le perizie del Tribunale di Avezzano non hanno evidenziato la presenza di amianto sul tetto, nascosto nella parte interna tra il solaio interno e la copertura. L’immobile, poi, è stato oggetto di verifiche da parte della Regione Abruzzo per il rilascio delle autorizzazioni necessarie all’espletamento dell’attività di riciclo della carta e di altri materiali.
Dopo l’incendio dell’estate scorsa, la ditta Casinelli, nonostante avesse incaricato delle aziende specializzate per poter effettuare la bonifica del sito e la sua messa in sicurezza, non ha potuto, tramite i tecnici specializzati, accedere al sito in quanto era stato sottoposto a sequestro penale da parte della Procura della Repubblica.
E siamo arrivati a questa mattina, quella del 14 di ottobre, tre mesi dopo il famoso rogo scoppiato nottetempo. Rogo sulla cui natura ancora non si è fatta chiarezza: potrebbe essere doloso, certo. Ma anche derivato da altre cause accidentali, il che cambierebbe tutte le carte in tavola. Allo stato attuale, comunque, il sito non è stato ancora dissequestrato ma il pubblico ministero che si sta occupando del caso, la dottoressa Seccacini ha autorizzato un accesso momentaneo.
Oggi il fatto certo è che i tecnici della ditta, seppur “scortati” dai Carabinieri de dai Vigili del Fuoco, sono potuti entrare all’interno della struttura per programmare al meglio gli interventi da eseguire, visto anche il provvedimento emesso dalla Polizia Locale della città, che obbligava la ditta a bonificare la zona entro un determinato lasso di tempo. Il proprietario Casinelli, proprio in merito alla tempistica da rispettare, precisa che “è nell’impossibilità di riprendere la propria attività a causa della farraginosità della normativa di settore, che non prevede una cabina di regia da parte degli uffici preposti a risolvere e coordinare un piano di intervento adeguato. La struttura è sicuramente da abbattere e occorre bonificare il materiale di risulta nelle zone circostanti, soprattutto di carattere inquinante, data la riscontrata presenza di amianto”.
Il sequestro – voluto ovviamente dalla delicatezza delle indagini, portate avanti dai Carabinieri della Compagnia di Avezzano – diverrà presto un dissequestro, per permettere alla ditta di bonificare. Tre mesi dopo le fiamme e il danno economico.
Sul lato delle indagini, invece, è stato impossibile recuperare da parte delle Forze dell’Ordine i filmati delle telecamere di videosorveglianza, dato che l’impianto interno è andato distrutto.