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Cgil: “Bper in centro a L’Aquila bene, ora assunzioni”

"Siamo fiduciosi nel fatto che la banca non vorrà penalizzare ulteriormente la Provincia dell’Aquila"

Veder riaprire il portone della storica sede della Cassa di Risparmio, dopo oltre 12 anni di chiusura, è un enorme piacere per chi dal 2009 sogna di ritrovare un centro storico brulicante di vita.

È quanto si legge in una nota della Cgil, che aggiunge: Bisogna dare merito alla BPER per la scelta di essere presente in pieno centro: una scelta per niente scontata, come dimostrano altri istituti di credito, con sedi storicamente ubicate lungo l’asse centrale che – almeno per il momento – hanno preso decisioni diverse. Nonostante ciò, riteniamo sia sbagliato parlare di riapertura, per vari motivi. Il primo è fin troppo banale ed evidente: in quei locali, fino al 6 aprile 2009, operava un’altra banca, che si chiamava in un altro modo.

Non è solo una questione di insegna. La vecchia Carispaq era la testimonianza di un mondo comunque destinato a finire: quello delle banche locali, di un reale legame con il territorio. Un mondo in cui anche nel rapporto con le banche la componente umana aveva un ruolo fondamentale. Partendo da questa considerazione, intendiamo prendere spunto da quella che è una notizia estremamente positiva per la città ed il circondario per fare alcune riflessioni sull’attuale sistema bancario nel suo complesso.

In questi anni il sistema economico sta cambiando rapidamente. Le banche, che fino a qualche decennio fa facevano a gara per aprire nuove filiali e portarle sotto casa dei clienti, oggi fanno a gara per chiudere gli sportelli, incuranti del fatto che in questo modo si contribuisce in modo determinante allo spopolamento di intere aree del paese, escludendo dai servizi bancari tutte le fasce di popolazione “fragili” che per tanti motivi possono avere difficoltà ad accedere ai servizi online. Gli istituti creditizi giustificano queste scelte con il progresso e la digitalizzazione, quando in realtà l’unica molla che spinge a tagliare sedi e dipendenti è la ricerca spasmodica del profitto. Una logica che mal si concilia con la responsabilità sociale d’impresa, che pure dovrebbe rappresentare un obbligo morale per chi si trova a gestire risparmi e finanziamenti di aziende e famiglie, come peraltro prevede l’Art. 47 della Costituzione.

Si tratta di un problema particolarmente grave in una provincia come la nostra, dove ormai due terzi dei comuni sono totalmente sprovvisti di sportelli bancari.

Eppure, in questo mondo che cambia rapidamente in peggio, non si può dire che le banche si comportino peggio delle altre aziende. In nome del guadagno esasperato e senza regole, molte aziende pretendono il taglio di lacci e laccioli finendo col tagliare anche i cavi delle funivie, reclamano senza vergogna il diritto di schiavizzare degli esseri umani facendoli lavorare senza regole e sicurezza pagandoli meno di un sussidio di povertà, cospargono le campagne di fanghi tossici perché intossicare chi mangerà i prodotti di quelle terre costa meno che smaltire correttamente i residui chimici… e l’elenco potrebbe continuare a lungo.

In questo contesto, non sono probabilmente le banche a comportarsi nel modo più spregiudicato. Ed è giusto anche ricordare che la Carispaq è stata la più fortunata tra le Casse di Risparmio abruzzesi, avendo trovato un acquirente solido che ha comunque assicurato a dipendenti e clienti prospettive decisamente migliori rispetto a quanto è toccato ad altri istituti.

Fino a qualche anno fa, entrare in una qualsiasi banca della nostra provincia significava accedere in un ambiente non troppo illuminato, spesso caotico con il chiacchiericcio delle tante persone in fila. Un posto in cui una richiesta di prestito veniva valutata non in base a freddi algoritmi, ma basandosi sul fatto che il valutatore conosceva tutta la storia della famiglia del richiedente, e ancor prima di guardare i documenti sapeva se si trattava di persona degna di fiducia.

Sono belle le filiali moderne. Luminose e colorate. Poche file, perché in tanti hanno ormai imparato a fare online le loro operazioni, e perché in molti casi si accede per appuntamento. Ambienti ordinati, puliti, che danno un’immediata sensazione di efficienza… ma freddi. Lontani dall’allegro caos che c’era prima del sisma.

Le banche che il terremoto ha chiuso a forza erano ancora incentrate sulle persone, sulle relazioni umane.
Quelle che progressivamente le hanno sostituite sono basate sulle pressioni commerciali, con il cliente che non viene più ascoltato ma “pesato” in base al numero di prodotti che ha acquistato e che possono ancora essergli venduti, ed i lavoratori che vengono vessati, intimiditi e mortificati per spingerli a “vendere vendere vendere”, in una illimitata rincorsa al profitto.

Le banche di oggi non sono quelle che c’erano prima del sisma. Sono due mondi diversi, in periodi storici molto più distanti fra loro di quanto il banale conteggio degli anni farebbe immaginare.

Torniamo alla BPER. In occasione dell’apertura della nuova Sede, il comunicato stampa della Direzione Regionale Abruzzo e Molise ha parlato del “piacere di contribuire in modo concreto al rilancio della città”. Un piacere che condividiamo e che accogliamo con soddisfazione, in un momento in cui la banca ha una grande opportunità per dimostrare che la nostra Città, la nostra Provincia, sono davvero importanti.

Il piano industriale 2019-2021 prevedeva infatti, a fronte di una serie di prepensionamenti, nuove assunzioni nella misura di una ogni 5 uscite. Nella Provincia dell’Aquila sono stati oltre 30 i lavoratori cessati, a fronte dei quali ci sono state due sole assunzioni: per questo, la Bper dovrebbe ancora procedere all’assunzione di 4 giovani.

Siamo fiduciosi nel fatto che la banca non vorrà penalizzare ulteriormente la Provincia dell’Aquila, dimostrando in questo modo che la vicinanza al territorio non è solo lo slogan per uno spot pubblicitario.

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