L’etichetta di origine obbligatoria che permette di conoscere l’origine del grano impiegato nella pasta e del riso mette fine all’inganno dei prodotti importati, spacciati per nazionali, in una situazione in cui un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero, come pure un pacco di riso su quattro senza che questo fosse fino ad ora indicato in etichetta. E’ quanto afferma la Coldiretti Abruzzo in occasione dell’entrata in vigore dei due decreti interministeriali sull’indicazione dell’origine obbligatoria del riso e del grano per la pasta in etichetta dopo 180 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che cade esattamente il 13 febbraio per il riso e il 14 febbraio per la pasta.
Una scelta applaudita dal 96% dei consumatori che chiedono venga scritta sull’etichetta in modo chiaro e leggibile l’origine di tutti gli alimenti e confermata in Italia anche dal Tar del Lazio che ha precisato come sia prevalente l’interesse pubblico ad informare, considerato anche l’esito delle consultazioni pubbliche circa l’importanza attribuita dai consumatori italiani alla conoscenza del Paese di origine e/o del luogo di provenienza dell’alimento e dell’ingrediente primario.
L’assenza dell’indicazione chiara dell’origine non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del territorio. Escono finalmente dall’anonimato e saranno riconoscibili nelle etichette della pasta 4,3 miliardi di chili di grano duro italiano che insieme ai 1,5 miliardi di chili di riso garantiscono all’Italia il primato in Europa.
Secondo quanto previsto dal decreto le confezioni di pasta secca prodotte in Italia – spiega la Coldiretti – dovranno d’ora in poi avere obbligatoriamente indicato in etichetta il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura; se proviene o è stato molito in più paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: paesi UE, paesi NON UE, paesi UE E NON UE. Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: ‘Italia e altri Paesi UE e/o non UE’. Si tratta del risultato della guerra del grano lanciata da Coldiretti con decine di migliaia di agricoltori scesi in piazza per difendere dal rischio di abbandono della coltivazione piu’ diffusa in Italia realizzata spesso in aree marginali senza reali alternative.
Coldiretti comunica poi, sulla scorta di un sondaggio nazionale Coldiretti/Ixè, che per quasi 6 italiani su 10 (58%) la pasta è il vero simbolo del Made in Italy nel mondo, seguita dall’olio extravergine d’oliva (19%) e dal vino (18%). La passione degli Italiani per la pasta è confermata – spiega Coldiretti – dal fatto che sono i maggiori consumatori con 23,5 a testa davanti a Tunisia (16 kg), Venezuela (12 kg), Grecia (11,2 kg), Svizzera (9,2), Usa e Argentina (8,8 kg), tallonati da Iran e Cile (8,5 kg) e Russia (7,8 kg). Non è un caso – precisa la Coldiretti – che l’80% degli italiani mangia pasta o pane almeno una volta al giorno.
Sul piano qualitativo la tendenza è verso pasta con grani 100% italiani e con un’immagine di forte legame ai territori di origine. Una tendenza che ha portato – sottolinea la Coldiretti – al prepotente ritorno dei grani nazionali antichi come il Senatore Cappelli e alla rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l’origine nazionale del grano impiegato, da Ghigi a Valle del grano, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Felicetti, da Alce Nero a Rummo, fino a ‘Voiello’, che fa capo al Gruppo Barilla, senza dimenticare molte linee della grande distribuzione. Una opportunità resa possibile da un milione e 350mila ettari di coltivazioni di grano duro con un raccolto che – precisa la Coldiretti – quest’anno sfiorerà i 4 miliardi e 300 milioni di chili concentrato nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia che da sole rappresentano circa il 40% del totale nazionale ma anche in Abruzzo che, con 20mila aziende produttrici di cereali e 87mila ettari dedicati (di cui 34.500 coltivati a grano duro) vanta una produzione di circa 1.400.000 quintali di solo grano duro per un valore di circa 35 milioni di euro.
«Nel mondo – evidenzia la Coldiretti – l’Italia conserva il primato sulla produzione di pasta con 3,2 milioni di tonnellate all’anno davanti a Usa, Turchia, Brasile e Russia. Ma è proprio sui mercati mondiali che si avvertono i primi campanelli di allarme visto che, in controtendenza rispetto all’andamento del Made in Italy all’estero che ha superato la storica cifra di 41 miliardi di euro, si riducono invece le esportazioni italiane di pasta che nel 2017 hanno fatto segnare un preoccupante calo in valore del 4% secondo le proiezioni Coldiretti su dati Istat. Si tratta degli effetti della rapida moltiplicazione di impianti di produzione all’estero, dagli Stati Uniti al Messico, dalla Francia alla Russia, dalla Grecia alla Turchia, dalla Germania alla Svezia. Il settore, infatti, sta affrontando i pesanti effetti della delocalizzazione che dopo aver colpito la coltivazione del grano sta adesso interessando la trasformazione industriale con pesanti conseguenze economiche ed occupazionali. L’etichetta di origine può quindi rappresentare – conclude la Coldiretti – una svolta per invertire la tendenza e valorizzare il Made in Italy dai campi alla trasformazione industriale».
«Finalmente sarà possibile sapere se nella pasta che si sta acquistando è presente o meno grano canadese trattato in preraccolta con il glifosate, proibito sul grano italiano, o se il riso viene dai campi della Birmania sequestrati alla minoranza Rohingya, contro la quale è in atto una pulizia etnica”, ha affermato in occasione del Pasta day promosso oggi da Coldiretti il presidente nazionale Roberto Moncalvo nel sottolineare “l’importanza di sostenere con la trasparenza scelte di acquisto piu’ consapevoli da parte dei consumatori».
Fonte: nota ufficiale di Coldiretti
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