Stop al pesce fresco a Roma per l’avvio del fermo pesca che porta al blocco delle attività della flotta italiana nel tratto tra Civitavecchia e Gaeta.
A darne notizia è Coldiretti Impresapesca in occasione dell’entrata in atto del provvedimento che fino al 3 ottobre impedirà l’uscita in mare dei pescherecci nel tratto laziale del Tirreno, andando ad aggiungersi alla sospensione già in atto da Brindisi a Napoli, che coinvolge anche il mar Ionio interessando Puglia, Basilicata, Calabria e Campania.
Tornano, invece, a pescare le barche in tutto l’Adriatico con la fine del fermo nel tratto da San Benedetto a Termoli, dalle Marche fino al Molise.
Il fermo scade quest’anno in un momento difficile per il settore, duramente colpito dall’emergenza coronavirus con danni da 500 milioni di euro stimati da Coldiretti Impresapesca per effetto di produzione invenduta, perdite economiche derivanti dal crollo dei prezzi e dal deprezzamento delle specie ittiche a maggior pregio non richieste dalla ristorazione, ancora alla prese con una difficile ripartenza.
Se il lockdown dei mesi scorsi ha già favorito il consumo di prodotto surgelato, che in 9 casi su 10 arriva dall’estero, il fermo aumenta ulteriormente il rischio – sottolinea Impresapesca Coldiretti – di ritrovarsi prodotto straniero nel piatto per grigliate, zuppe e fritture, soprattutto al ristorante dove il pescato viene servito già preparato, se non si tratta di quello fresco Made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca, dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare.
“Per non cadere in inganni pericolosi per la salute occorre garantire la trasparenza dell’informazione ai consumatori dal mare alla tavola estendendo l’obbligo dell’indicazione di origine anche ai menu dei ristoranti con una vera e propria ‘carta del pesce’ – ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, nel sottolineare che “passi in avanti sono stati fatti sull’etichettatura nei banchi di vendita, ma devono ora essere accompagnati anche dall’indicazione della data in cui il prodotto è stato pescato”.
Per effettuare acquisti di qualità al giusto prezzo il consiglio di Coldiretti Impresapesca è dunque di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (GSA).
Le provenienze sono quelle dalle GSA 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).
Ma si può anche rivolgersi alle esperienze di filiera corta per la vendita diretta del pescato che Coldiretti Impresapesca ha avviato presso la rete di Campagna Amica.
Come lo scorso anno – spiega Coldiretti Impresapesca – in aggiunta ai periodi di fermo fissati i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di blocco che vanno da 7 a 17 giorni a seconda della zona di pesca e del tipo di risorsa pescata.
Nonostante la riduzione del periodo fisso di blocco delle attività, l’apertura alla tutela differenziata di alcune specie e la possibilità per le imprese di scegliere i restanti giorni di stop, come richiesto da Coldiretti Impresapesca, l’assetto del fermo pesca 2020 non risponde ancora alle esigenze delle aziende che si trovano ancora costrette a concentrare l’attività in appena 160-180 giorni, mentre avrebbero bisogno di scegliere autonomamente quando fermarsi in base alle condizioni di mercato, alle necessità di manutenzione delle barche o alle ferie del personale.
Il fermo attuale, peraltro, continua a non rispondere alle esigenze della sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato delle risorse nei 33 anni di fermo pesca è progressivamente peggiorato, come anche parallelamente lo stato economico delle imprese e dei redditi.
Questo ha determinato nel periodo un crollo della produzione – spiega Coldiretti Impresapesca – la perdita di oltre 1/3 delle imprese e di 18.000 posti di lavoro. L’auspicio è che dal 2021 si possa partire dalle novità positive per mettere in campo un nuovo sistema che tenga realmente conto delle esigenze di riproduzione delle specie e delle esigenze economiche delle marinerie.