Mario Sbardella, il nostro collega più preparato in ambito politico, se ne è andato proprio nel primo giorno del nuovo anno, quel giorno che da sempre viene visto da tutti noi come quello giusto per dare il via ai buoni propositi.
Giovedi scorso, il giorno prima del malore, ero andato in comune per una intervista all’assessore allo sport Di Stefano, e da buon responsabile della comunicazione del palazzo di città, subito dopo mi aveva telefonato per raccomandarmi di non trattare troppo male l’amico di entrambi.
Ma a posteriori, devo dire che in quella circostanza non avevo ascoltato la solita voce di Mario, quella voce un po’ ironica e scanzonata che nella maggior parte dei casi serviva a sdrammatizzare anche le situazioni più intricate.
Il tono appariva un tantino dimesso, ma non ci ho fatto caso più di tanto, proprio in virtù del fatto che forse la scomparsa del genitore era ancora troppo recente perché il numero dei giri fosse quello solito.
A distanza di 24 ore mi arriva la notizia di un ictus che mi ha sconvolto l’ultimo giorno dell’anno.
Poco dopo, un’altra voce mi ha ridato la speranza, perché l’intervento chirurgico pare fosse andato a buon fine, fino al tragico epilogo di questa mattina.
Era un grande Mario Sbardella, uno di quelli che ti fa sentire orgoglioso di appartenere alla stessa categoria.
Come scriveva di politica lui, non lo sapeva fare nessuno.
Raccontava i segreti del palazzo di città, ma senza passare mai la misura, soprattutto salvaguardando la/le persone delle quali aveva sposato la causa.
Un po’ Richelieu un po’ Mazzarino, ma senza mai trarne un utile personale.
Al sindaco Di Pangrazio indicava sempre la via migliore da percorrere, analizzando i pro e i contro di ogni situazione, senza mai sbagliare un colpo.
E insieme allo stesso primo cittadino, amava fare la sua corsetta lungo i tornanti di monte Salviano, a conferma di uno spirito sportivo che lo aveva portato anche a tesserarsi per i Runners di Avezzano, partecipando a numerose mezze maratone.
Ma Mario Sbardella era anche un appassionato di moto e in estate non era raro incontrarlo a cavalcioni della sua Harley Davidson con un casco di altri tempi, ma con lo spirito dell’avventura che ogni buon giornalista dovrebbe sempre avere.
Oggi se ne va un collega, ma non uno qualunque; io dico che se ne va il migliore e ci accorgeremo della sua mancanza quando non potremo più leggere le sue recensioni sulle beghe dei politicanti nostrani.
Ciao Mario, mi mancherai tantissimo, e non solo a me!
Plinio Olivotto