La Giunta regionale dell’Abruzzo era già al lavoro da qualche ora, proprio per emanare un’ordinanza presidenziale simile a quella governativa, che imponesse la chiusura di tutte le attività non strategiche e la limitazione degli orari e delle modalità di svolgimento delle attività consentite.
“Sono misure severe, ma questa è la più grave crisi che il Paese sta affrontando dal secondo Dopoguerra ad oggi. Dobbiamo resistere – così ha esordito Conte questa sera, in diretta TV – Dobbiamo attenerci alle regole, in ospedale c’è chi rischia molto di più. Penso anche alle forze dell’ordine o alle forze armate, così come agli autotrasportatori. Siamo chiamati tutti ad un atto di grande responsabilità verso la Nazione. Oggi compiamo un alto passo: chiudiamo in tutta Italia tutto ciò che non è necessario per il fabbisogno della Nazione. Chiudiamo il superfluo per tornare dopo l’emergenza più forti di prima. Lo Stato c’è, è con voi”. Siamo arrivati alla misura radicale, alla fine. Senza se e senza ma. Dopo due settimane di chiusura parziale, è accaduto, questa sera, ciò che tutti sospettavano o addirittura richiedevano a gran voce da giorni: il premier chiude tutto, tranne l’essenziale. L’Italia respira più affannosamente, in questi giorni, ma respira. E dovrà continuare a respirare attraverso aiuti finanziari, manovre, posticipazioni. Iniezioni sanitarie, economiche e sociali.
Aperte farmacie e para-farmacie. Negozi di generi alimentari e supermercati. Assicurati i trasporti e i servizi finanziari. “Consentiremo solo le attività produttive ritenute comunque rilevanti. Rallentiamo il motore produttivo del Paese, ma non ci fermiamo”, ha detto Conte questa sera. Il Governo fornirà una lista dettagliata delle attività produttive che potranno restare aperte. Siamo in emergenza. E’ più di una guerra.
Dopo la pandemia, dopo che finirà tutto (quando finirà) dovremmo ripartire tutti da un punto 0. Dalla lettera A.