In un mese si sono quasi dimezzati i ricoveri per Covid in Italia e si è allentata ulteriormente la pressione sugli ospedali: in 35 giorni i ricoveri con sintomi nei reparti Covid si sono ridotti del 49,1% e del 45,1% quelli nelle terapie intensive. Lo indica la Fondazione Gimbe, che nel suo monitoraggio rileva che nella settimana dal 5 all’11 maggio i ricoverati con sintomi sono diminuiti di 3.239, pari al 17,8%, e i ricoveri nelle terapie intensive sono diminuiti di 371, pari al 5,1%.
Nella stessa settimana – scrive l’Ansa – i nuovi casi si sono ridotti del 19%, a 63.409 contro i 78.309 di quella precedente e i decessi sono diminuiti del 15,4%, a 1.544 da 1.826.
“L’ulteriore calo dei nuovi casi settimanali riflette gli ultimi effetti di 6 settimane di un’Italia tutta rosso-arancione”, osserva il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. La tendenza è alla riduzione dei casi in tutte le regioni, ma continua a salire leggermente l”indice di contagio Rt medio calcolato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), che rispetto al valore di 0,85 (0,80-0,91) della scorsa settimana ha raggiunto lo 0,89 (0,85-0,91). Inoltre “si allenta ulteriormente anche la pressione sugli ospedali, sia per la minore circolazione del virus che per i primi effetti dell’elevata copertura vaccinale negli over 80”, osserva Renata Gili, responsabile della Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione. Nei reparti Covid rispetto al picco del 6 aprile scorso, con 29.337 posti letto occupati, il numero è sceso a 14.937, pari al 49,1% in 35 giorni. Solo la Calabria supera la soglia di allerta del 40%. Sempre rispetto al 6 aprile i posti letto occupati nelle terapie intensive sono diminuiti da 3.743 a 2.056, con una riduzione del 45,1% in 35 giorni. La soglia di saturazione del 30% risulta superata, seppur di poco, in Lombardia e in Toscana (32%).
Per quanto riguarda la campagna vaccinale anti Covid, secondo i Gimbe è necessario integrare il sistema della prenotazione volontaria con un sistema a chiamata attiva, accanto a una campagna di comunicazione istituzionale e a strategie di persuasione individuale. Il parere della Fondazione è espresso alla luce del fatto che nella fascia d’età compresa fra 70-79 anni è ancora scoperta una persona su quattro e lo è una su due nella fascia fra 60 e 69 anni. La Fondazione osserva che “Il 68% degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con le Province autonome di Trento e Bolzano che si avvicinano all’80%” e rileva “notevoli differenze regionali nelle fasce over 80 e 70-79 anni, mentre quella 60-69, a fronte di un rilevante impatto sulle ospedalizzazioni, è ancora molto indietro”. In particolare fra i 4,4 milioni over 80, il 77% (pari a 3.403.495) ha completato il ciclo vaccinale e 576.609 (13%) ha ricevuto solo la prima dose; fra gli oltre 5,9 milioni della fascia 70-79 anni il 18,1% ha completato il ciclo (1.081.772) e il 55,9% (3.338.076) ha ricevuto solo la prima dose; degli oltre 7,3 milioni che hanno fra 60 e 89 anni, il 12,3% (903.125) ha completato il ciclo vaccinale e il 38,2% (2.811.161) ha ricevuto solo la prima dose; infine ai soggetti fragili e i loro caregiver sono state finora somministrate 4.751.094 dosi. In generale “il mancato sprint della campagna vaccinale è influenzato dalla mancata somministrazione di 1.286.041 dosi di AstraZeneca”, osserva Renata Gili, responsabile della Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione Gimbe. Le scorte inutilizzate di questo vaccino vanno dal 4,7% del Molise al 46% della Sicilia. “Tenendo conto che l’uso preferenziale di questo vaccino è negli over 60, è inevitabile – aggiunge Gili – che i rifiuti influenzino la copertura vaccinale in questa classe d’età”.
A un mese e mezzo dalla fine del semestre devono essere ancora consegnate circa 50 milioni di dosi, quasi due terzi di quelle previste dal piano vaccinale, in una campagna vaccinale che sta diventando sempre più ‘Pfizer-dipendente’: lo rileva il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, nell’ambito del monitoraggio settimanale della Fondazione. “Al di là di ritardi e irregolarità delle consegne di AstraZeneca – osserva – finora Johnson & Johnson ha consegnato solo ‘briciole’ e oltre 7 milioni di dosi CureVac restano vincolate ai tempi di approvazione dell’Ema. In altri termini, tenuto conto anche del numero esiguo di dosi di Moderna, la campagna vaccinale in Italia è sempre più Pfizer-dipendente”. Cartabellotta osserva poi che a fronte della alte percentuali di over 60 non ancora coperte dalla prima dose del vaccino, “da un lato si offre alle Regioni di aprire sino ai 40 anni per non rallentare le somministrazioni, dall’altro non si rendono noti i numeri di mancate adesioni e rifiuti selettivi di AstraZeneca, che hanno ‘costretto’ ad estendere l’intervallo della seconda dose dei vaccini Pfizer e Moderna sino a 42 giorni con il solo obiettivo di supplire alla carenza di dosi di vaccini a mRNA”.