Un ricorso dinanzi al Tar del Lazio per contestare la legittimità dell’ultimo Dpcm, un altro al Tribunale Civile de L’Aquila perché collegato al provvedimento di impugnazione del Dpcm: così i ristoratori abruzzesi chiedono che lo Stato si faccia carico della loro grave situazione economica, perché la misura del ristoro non è sufficiente per consentire il proseguimento dell’attività, anche una volta cessata l’emergenza sanitaria legata al Covid 19.
I ristoratori di Aria Food, Associazione ristoratori e produttori abruzzesi, questa mattina a Pescara hanno illustrato alla stampa le proposte che intendono avanzare.
“Siamo a un confronto dovuto con le istituzioni e la politica dopo quasi un anno dalle prime chiusure – ha detto Valerio Di Mattia, presidente Ristoratori Aria Food – Credo sia arrivato il momento di sedersi per riflettere. Presentiamo i nostri suggerimenti per superare una crisi troppo dura da sostenere”.
Tra le proposte di Aria food ci sono: apertura fino alle 23.30 dei locali in zona gialla, attività per mezza giornata in zona arancione con riduzione dei coperti, maggiori controlli per far ripartire i banchetti e una politica di defiscalizzazione del costo del lavoro.
“Si chiede di ripensare la misura e il tipo di rimedio individuato, altrimenti si chiederà il risarcimento del danno – spiega Enzo Di Salvatore, docente di Diritto all’Università di Teramo, entrando nel merito dei ricorsi dei ristoratori – Sul Dpcm questo è uno dei tanti ricorsi presentati al Tar. In tutta Italia ne sono stati già presentati 67 e non solo dalle categorie dei ristoratori”.
Al momento sono una trentina i ristoratori che hanno aderito ai ricorsi, pronti per essere presentati la prossima settimana, un numero comunque in aumento.