La storia di Jacopo De Foglio è una di quelle che vorremmo raccontare sempre. Un sogno realizzato vale il sacrificio di una vita, specie quando è condiviso con gli affetti più cari. Il giovane attaccante di Trasacco ne ha fatta di strada da quando ha cominciato a calcare il terreno di gioco, ed oggi è quasi un uomo, talento e promessa del calcio che verrà.
Lo scorso 4 ottobre Jacopo ha partecipato al raduno della Nazionale italiana di Lega Pro Under 17. Il tecnico azzurro, Daniele Arrigoni, ha convocato la seduta presso il campo sportivo di via Salette a Sperlonga, e ha testato i ragazzi selezionati in prospettiva del prossimo appuntamento, previsto a Coverciano, prima della sosta natalizia. Una soddisfazione difficilmente descrivibile. La maglia azzurra rappresenta l’inarrivabile nell’immaginario dei bambini, un obiettivo per certi versi irreale, indefinito nella forma e nel tempo.
«Devo essere stato notato in queste prime uscite di campionato – ha raccontato un emozionato De Foglio – ho ricevuto la chiamata di Arrigoni e sono partito alla volta di Sperlonga. Eravamo una trentina di ragazzi, abbiamo svolto un’unica seduta di allenamento con partita finale. Non sono in grado di spiegare cosa ho provato. Entri in campo con addosso la maglia della nazionale e di colpo ti senti dentro una responsabilità grandissima. In quei momenti pensavo ai sacrifici di una vita intera, i miei e della mia famiglia. Non potrebbe esistere ricompensa più bella. Credo di aver fatto bene. Abbiamo giocato col 3-5-2, io ero il quinto di centrocampo. Nell’Arezzo adottiamo il 4-3-3, per cui mi posiziono più avanti. Sono un esterno offensivo ma a detta di tutti sono abbastanza versatile, per cui riesco a coprire più ruoli. Ora devo pensare a fare bene in campionato».
Si torna al lavoro dopo la bella parentesi azzurra. De Foglio è rientrato ad Arezzo al termine del raduno, dove si è aggregato agli allievi per riprendere la preparazione in vista del prossimo impegno di campionato. La ridente città toscana è ormai una seconda casa per il giovane Jacopo, 16 anni compiuti ad aprile e la famosa valigia di cartone che lo ha accompagnato in ogni esperienza di vita. Tante ambizioni e poche paure, nessun percorso di crescita può essere facile, e se la mancanza della famiglia è la difficoltà più grande, il piccolo campione di Trasacco colma il vuoto della distanza con le soddisfazioni strappate sul campo.
«Non è facile stare lontano da casa, lasciare la famiglia, gli amici, la vita di sempre. Qui ho tanti compagni e una società fantastica, ma cerco di tornare a casa ogni volta che posso. I primi tempi è stato particolarmente duro, mi sono ritrovato qui senza essere mai stato lontano dal mio paese. Quando è arrivata la chiamata dell’Arezzo ero un giocatore del Celano, e sapevo di essere sotto gli occhi dei selezionatori della Roma. Invece mi sono ritrovato in Toscana, e a distanza di un anno sono sereno e mi sento a casa».
Lo spirito marsicano brilla nella terra dei poeti. C’è arte nel calcio inteso come talento naturale e ricerca della perfezione, e Jacopo è pronto a scrivere la sua storia con l’entusiasmo di chi ha avuto la fortuna di guardare il proprio sogno dritto negli occhi, e l’umiltà di chi ha ancora molto da imparare.
«Guardo al futuro e non vedo altro che quella maglia azzurra. Sono cresciuto con l’idolo di David Trezeguet, anche se non mi rivedo nelle sue caratteristiche di gioco. Ciò che mi ha sempre colpito di lui è la personalità sul campo, lo stimo immensamente. Io sono più un giocatore alla Candreva, ovviamente barba a parte».