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Detenuto parla al telefono in cella: “Schermare carceri”

Teramo, sindacato: "Intervenire su aggressioni e tecnologia"

COMUNICATO STAMPA

 

Teramo nel giorno di Ferragosto gli agenti hanno beccato in carcere, in flagranza di reato, un detenuto magrebino mentre telefonava con un cellulare all’interno della propria stanza detentiva del circuito media sicurezza”.

A darne notizia è il segretario provinciale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziario (Sappe), Giuseppe Pallini. Lo stesso sindacato ieri aveva reso noto un episodio avvenuto nel carcere di Pescara, dove quattro agenti di polizia penitenziaria sono stati aggrediti da cinque detenuti. Per l’episodio di Teramo “il Sappe si compiace con gli agenti per l’operazione effettuata togliendo dalla disponibilità della criminalità un oggetto per compiere illeciti”.

 

“Aspettano forse che qualcuno lanci una pistola dentro al carcere? – dichiara in una nota il Segretario Generale del Sappe, Donato Capece – Ed è possibile che non si possano schermare le celle delle carceri, i cortili e i saloni dove i detenuti svolgono attività, all’uso dei telefoni cellulari come invece avviene in moltissime, se non in tutte le carceri europee?”.

 

Secondo Capece è necessario “intervenire sulla carenza di organico, sulle aggressioni al personale di Polizia penitenziaria, sull’adeguamento delle risorse contrattuali e la dotazione del Taser e della tecnologia a supporto della sicurezza. Da tempo, come Sappe, denunciamo le inaccettabili violenze che si verificano nelle carceri della nazione: dal 2023 si sono registrati 1.760 casi di violenza e 8.164 atti di minaccia, ingiuria, oltraggio e resistenza”.
 

Capece evidenzia i problemi connessi alla gestione dei detenuti stranieri (“da espellere per scontare la pena nelle carceri dei Paesi di provenienza”), di quelli tossicodipendenti e degli psichiatrici, che non dovrebbero stare in carcere, ma in Comunità adeguate. Infine, ribadisce la necessità “di potenziare gli uffici per l’esecuzione penale esterna attraverso le articolazioni territoriali della Polizia Penitenziaria, con personale opportunamente formato e specializzato. E’ questa la mission futura dell’esecuzione penale, che dovrà concentrare tutti i propri sforzi sulle misure alternative alla detenzione che si prevede potranno interessare decine di migliaia di affidati” conclude Capece.

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