Ieri mattina, il Giudice per l’udienza preliminare di L’Aquila, ritenendo sufficienti gli elementi di prova portati ed addotti dall’accusa, rappresentata, in questo caso, dal dottor Stefano Gallo (Pubblico Ministero della direzione distrettuale Antimafia) ha rinviato gli imputati a giudizio (tranne uno che ha patteggiato). Questo, un embrionale capitolo di cronaca giudiziaria giunto ad un primo segnalibro, cadenzato da una data di rinvio a giudizio. Gli imputati, 14 in tutto, dovranno comparire davanti al giudice dibattimentale il 27 novembre prossimo.
I fatti riguardano un losco giro di droga e di spaccio che venne portato alla luce dalla Squadra Mobile di L’Aquila, dopo accurate e attente analisi e indagini, nel mese di febbraio del 2017, quando, all’alba del giorno 15, scattarono le ordinanze di custodia cautelare. Furono 14 gli arrestati all’epoca, di cui, nove finiti in carcere, fra cui anche Joussef Bya di 34 anni, marocchino residente ad Avezzano, difeso nel processo dall’avvocato Mario Del Pretaro, e 3 agli arresti domiciliari.
Per altri indagati coinvolti nell’inchiesta, due, fu previsto l’obbligo di dimora e di firma. Del collegio difensivo fanno parte anche Antonio e Francesco Valentini, Gian Luca Totani, Mauro Ceci. La storia illecita riguarda lo spaccio, l’uso e il consumo di sostanza stupefacente quale cocaina, hascisc ed eroina, che andava a rifornire le tasche non solo di studenti aquilani, ma anche quelle degli operai della ricostruzione e di alcuni liberi professionisti molto noti nel Capoluogo. Nel corso dell’operazione della Polizia, vennero sequestrati mezzo chilo di cocaina e 150 grammi di hascisc. Il perno dello spaccio ruotava attorno a due gruppi che si muovevano quasi in parallelo; uno di essi si riforniva, sempre stando alla tesi dell’accusa, proprio ad Avezzano, luogo di residenza del marocchino Bya, conosciuto già alle forze dell’ordine per reati ed attività legate allo spaccio di sostanza stupefacente.
Il taglio e il confezionamento della droga, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, avvenivano in un’abitazione di Paganica, resa inagibile dal terremoto del 2009.
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