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Ecco la vera Marsica solidale: il coraggio senza fondo di Francesca Danese

Quando, alle proprie spalle, si serra a doppia mandata la porta di casa prima di muovere il primo passo nel mondo, all’esterno della strada, nella propria testa si materializza già la lista della spesa del giorno, il programma di lavoro da fare, l’appuntamento irrinunciabile col capo e la cena coi colleghi. Raramente, infatti, prende forma nella mente, non appena usciti di casa, il pensiero verso l’ultimo della società. Aprirsi all’altro svantaggiato e che chiede aiuto, equivale, oggi, a chiudere la porta di casa alle spalle, lasciando, però, le finestre dell’anima sempre aperte ed arieggianti. Francesca Danese, di nascita trasaccana, lo scorso 5 aprile, è stata eletta dal V Congresso Regionale nuova portavoce del Forum del Terzo Settore Lazio. Lei, marsicana DOC nello spirito e nel cuore, subentrerà all’uscente Gianni Palumbo, per i prossimi quattro anni di lavoro.

Una carriera graduale, la sua, incominciata un pò per destino e un pò per caso, la quale, passo dopo passo e Regione dopo Regione, l’ ha condotta fino a fare del sociale, la sua lancia e la sua spada, metaforicamente parlando. Il Terzo Settore Lazio, infatti, rappresenta il Volontariato, la Cooperazione Sociale; significa, in parole povere: case famiglia, case per donne maltrattate, case di riposo, asili nido, ludoteche, volontariato nei musei e negli ospedali.

La nuova portavoce si è prefissata subito gli obiettivi principali da perseguire.  «L’ obiettivo più importante, – ha dichiarato alla Redazione di InfoMediaNews – e che riguarda prettamente anche la tutela ambientale, è, senza dubbio, quello connesso alla lotta contro la povertà e l’ esclusione sociale: le mie due punte di diamante lavorative ».

Problemi, questi, di società che fanno il paio anche con tutt’ altro tipo di carenza, parallela ma anche trasversale ai primi, la quale si connette con la necessità di un programma culturale che punti al piano organizzativo sociale regionale. Bisogna trovare, cioè, una serie di azioni per arginare problemi come quello legato all’ educazione. Punti cardine di un programma che devono essere necessariamente considerati ed affrontati nei grandi centri così come in quelli più piccoli. «Le periferie e i piccoli centri cittadini – continua – devono necessariamente tornare al centro delle grandi agende politiche perché stiamo assistendo alla crescita di un fenomeno che è quello legato al concetto delle generazioni-bar. I giovani, cioè, sprecano il loro tempo nei bar di paese». Una realtà che lei stessa sembra aver vissuto fin da bambina.

La sua carriera sembrava essere disegnata con cura fin da piccolissima, da quando, cioè, dalla Marsica, si trasferì a Milano con la sua famiglia. “A Milano,- ha raccontato – non sapevano nemmeno dove fosse l’Abruzzo. Tutti quelli che si trasferivano lì per lavorare, venivano, infatti, trattati come persone di serie B. Già durante il periodo scolastico, mi ricordo che ogni volta che un bambino veniva trattato male, in me scattava qualcosa: come se il calpestio delle debolezze degli altri e la prevalenza dell’arroganza mi oscurassero la vista: ho sempre avuto, infatti, cuore per i bisogni altrui: questo lato del carattere lo coltivo ancora adesso, come un piccolo fiore mai appassito. Devo ringraziare, ovviamente, i miei genitori per tutto ciò, ossia per avermi educata alla cultura dell’accoglienza”.

Le origini, però, non le ha mai dimenticate ed ha fatto del suo paese natio, quasi uno stimolo quotidiano per la valorizzazione dei territori più piccoli e marginalizzati. “Una volta, – ha aggiunto infine – ricordo ancora che la maestra, durante una lezione, dell’Appennino. Mi alzai in piedi e raccontai della bellezza del Parco, della bellezza di un popolo che si era trasformato da pescatore ad agricoltore. Raccontai di mia nonna Olga che si era battuta per la distribuzione delle terre. Vengo, in fondo, da una famiglia che per metà fu democristiana e mia nonna invece era una comunista convinta. Raccontai del prosciugamento del lago del Fucino e di quanto fosse bella la terra dalla quale venivo. Soffrivo spesso la lontananza dalle mie montagne e dalla luce del sole”.

Francesca Danese tocca un traguardo importante, in questo mese di aprile del 2017 appena incominciato, il quale le permetterà di tendere maggiormente l’orecchio verso tutte quelle realtà che fanno fatica, ancora adesso, a farsi ascoltare. (v.t.)

 

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