Circa 500 screening l’anno per la prevenzione del cancro del colon: piede sull’acceleratore, da parte del reparto di endoscopia dell’ospedale di Avezzano, nella strategia di individuazione della diagnosi precoce della malattia. L’unità operativa, di cui è responsabile facente funzioni Mauro Rossi, in sintonia con le linee programmatiche tracciate dalla direzione aziendale Asl, che fa capo al manager Ferdinando Romano, ogni settimana esegue 10 esami per lo screening del tumore al colon: oltre 40 al mese, per un totale che sfiora i 500 complessivi nell’arco dei 12 mesi.
Una serrata agenda di lavoro, in tema di prevenzione, che si aggiunge all’attività ordinaria di esami e diagnosi. Durante l’anno endoscopia di Avezzano effettua oltre 3.000 colonscopie e 2000 gastroscopie, richiamando utenti, oltreché dalla Marsica, da aree fuori regione come quelle della provincia di Rieti e Frosinone. La diagnosi precoce resta lo snodo cruciale per un approccio tempestivo della terapia e quindi per una maggiore possibilità di successo di cura e guarigione.
“Fondamentale – dichiara il dott. Rossi – intercettare prima possibile eventuali adenomi, cioè tumori benigni del colon, per evitare che evolvendo nel tempo possano trasformarsi in masse di carattere maligno”.
Con la chirurgia endoscopica delle vie epato bilio-pancreatiche (fegato e pancreas) vengono effettuati circa 100 interventi l’anno.
Per abbattere le liste d’attesa e incrementare il numero di esami, altro fronte su cui la direzione Asl sta lavorando con lena, già da settembre al reparto endoscopia di Avezzano è stato programmato un pacchetto aggiuntivo di 4 sedute a settimana. In virtù di questo nuovo impulso sarà possibile a breve riorganizzare i calendari di accesso degli esami e introdurre un cambio di marcia. Tra i servizi offerti va ricordato che, quando necessario, l’unità di endoscopia, per esplorare i tratti dell’intestino inaccessibili alle semplici gastroscopie e colonscopie, utilizza la videocapsula. Quest’ultima, ingerita dal paziente e poi espulsa con le feci, emette immagini dall’interno dell’intestino. A questa modalità, adottata in media 20 volte l’anno, si ricorre quando si è in presenza di sanguinamento gastrointestinale di origine oscura.