Esterina, se fosse vissuta oggi, molto probabilmente, sarebbe divenuta l’eroina moderna delle battaglie femminili in senso lato. Un esempio da emulare, una donna forte, resiliente e determinata sarebbe stata definita oggi Esterina, con tutte queste ampie parole della retorica più abusata. All’epoca dei fatti, però, quando divenne protagonista della vicenda che ha cambiato per sempre il corso della sua vita, Esterina forse si comportò solo come meglio credeva, cercando di sopravvivere e di far sopravvivere soprattutto la sua bambina, venuta al mondo nel disastro della terra.
Il tempo, si sa, dissipa, rende meno pungenti le ferite, annacqua il sangue che viene versato. Calma. Ma questa ferita qui, quella del Grande Sisma, non si può tacere e non si potrà tacere mai, anche perché ogni giorno emergono dalla storia passata vicende, aneddoti, spiragli di una popolazione senza eguali: radice e DNA della generazione presente.
“La mattina del 13 gennaio 1915 mia nonna Esterina rimase sotto le macerie della casa distrutta dal terremoto. Nonostante le urla, però, non riuscì a farsi sentire dal marito, mio nonno; lui, di fatti, quella mattina era uscito presto di casa per andare a caccia”. A raccontarci questa finestra sul passato dell’Avezzano pre-sisma, è Piero Lucarelli, il nipote di Esterina.
Nipote della donna marsicana, originaria di Avezzano, cioè, che riuscì a dare alla luce, nel silenzio circostante e nel buio sopra e sotto di lei, una bellissima bambina. “Esterina – racconta Lucarelli – era incinta ed il secondo giorno, in quella tragica condizione, impossibilitata a muoversi e con un braccio bloccato, diede comunque alla luce sua figlia”. Ci vollero tre giorni per far sì che i soccorsi arrivarono in loco, per far sì che Esterina ricevesse le cure necessarie e venisse tirata fuori dalle macerie. Una donna che, nella morte dello spazio, ha trovato la forza nel futuro del tempo. “Solo il terzo giorno, aiutata anche dal pianto della neonata, riuscì ad avere soccorso. La Regina in persona fu la madrina della bambina, che battezzò. Le diedero il nome di Fortunata“.
“Era il 1915 e di lì a breve l’Italia andò in guerra, ma quando anni più tardi si eresse il monumento ai caduti posto a Villa Torlonia (in origine in piazza Risorgimento), gli autori resero omaggio a questo episodio, tutto femminile, di simbolica rinascita”, questa la conclusione del nipote. Una storia tutta al femminile, di grande passione umana, di grande verità e nudità della vita.
“Esterina Sorge – così come documentato in un articolo dallo studioso di tradizioni locali Tito Lucarelli, parente della donna – era sposata con Luigi Gallese ed abitava ad Avezzano in via Muzio Febonio. La mattina del 13 gennaio 1915, suo marito, amante dell’arte venatoria, si era alzato molto presto per andare a cacciare con alcuni amici sul vicino monte Salviano. Sua moglie, Esterina, come tutte le mattine, si era alzata di buon ora per preparare la colazione al marito che si accingeva alla battuta di caccia. Lei era incinta ed era molto felice perché presto la sua famiglia si sarebbe arricchita di un nuovo arrivo, evento che ormai si stava avvicinando”. Fortunata, però, non ebbe vita lunga: morì alla tenera età di 23 anni, il 28 agosto del 1938, per una peritonite all’Ospedale di Avezzano.
Ad Esterina furono conferite la medaglia d’argento al valore civile dalla Fondazione Carnegie, nonché la medaglia coniata per l’occasione dal Comune di Avezzano.