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Fase 3: l’83% lavoratori abruzzesi è tornato in sede

I dati di Confindustria: "A giugno calo del fatturato del 28,7%"

L’Abruzzo è la terza regione in Italia, dopo Marche e Trentino Alto Adige, a registrare il numero di dipendenti più elevato, l’83%, che è tornato a lavorare in sede. Solo il 5,5% dei lavoratori sta usufruendo del regime di smart working, mentre l’11,5% è inattivo. Le imprese, a giugno, hanno rilevato un calo del fatturato del 28,7%, contro il 24% della media nazionale. È quanto emerge dalla IV edizione dell’Indagine sugli effetti della pandemia da Covid-19 per le imprese italiane, elaborata dal Centro studi e dell’Area affari internazionali di Confindustria, riferita a luglio 2020. A maggio scorso, data della III indagine di Confindustria, i dipendenti in sede nelle aziende abruzzesi erano il 48,5%, con il 41,6% di inattivi e il 9,9% di unità in smart working.

Scende anche la percentuale delle aziende che potrebbero ancora far ricorso alla cassa integrazione: dal 51,8% di maggio al 16,9% di luglio. “Dalla rilevazione”, spiega Riccardo Podda, presidente Confindustria L’Aquila Abruzzo Interno, “si è registrato un miglioramento rispetto all’indagine precedente, seppure il quadro resti negativo: in termini di fatturato la perdita media di giugno delle aziende abruzzesi, rispetto allo stesso mese del 2019, è stata del 28,7% , superiore di 4 punti percentuali alla media nazionale, mentre in termini di ore lavorate si è passati a -20,4% dal -56,8% di maggio, ben al di sopra della media italiana (-17,6%). L’Abruzzo si pone al terzo posto in classifica, con l’83% di lavoratori che prestano servizio in sede e sono rientrati dallo smart working”. Continua ad aumentare il numero di aziende aperte: l’85,2% delle imprese intervistate ha riaperto totalmente (a maggio erano il 73,8%), mentre il 12,9% lo ha fatto solo in parte. Le imprese ancora chiuse sono l’1,6% contro il 5,9% della terza edizione dell’indagine. “Sul fronte dei lavoratori ancora in cassa integrazione, in Abruzzo va meglio rispetto alla media nazionale”, dichiara Podda, “con l’11,5% dei dipendenti attualmente inattivi contro il 17,7% in Italia. A maggio erano il 28,5%”. I settori con il maggior numero di dipendenti in smart working restano quelli dei servizi di informazione e comunicazione (70,3%) e del noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (62,6%). “A riprendere l’attività in sede sono, in particolar modo, i dipendenti del settore della fornitura di acqua o reti fognarie (73,9%), delle attività manifatturiere (72,7%) e delle altre attività e servizi (72,4%)”, sottolinea Francesco De Bartolomeis, direttore di Confindustria L’Aquila Abruzzo Interno, “il problema e’ la domanda, che resta bassa, per vari beni e servizi. La produzione industriale e’ scesa del 18,9% a giugno rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, dopo il -29,1% registrato a maggio, e rimane del 16,9% sotto ai livelli pre-Covid. Ancora pesante la situazione per il settore di servizi di alloggio e ristorazione, che a luglio ha fatto registrare nuovamente la più grande percentuale di dipendenti inattivi, 87,7% del comparto. Se si effettua un focus sulla manifattura, a presentare il più elevato numero di dipendenti in smart working rimane il settore dell’elettronica e apparecchi di precisione, ma è comunque in calo rispetto al mese di maggio (39,5% rispetto al 55,4% della precedente indagine)”.

Quanto al grado di sofferenza, rispetto alla crisi da coronavirus “le microimprese sotto i dieci dipendenti risultano ancora essere le più colpite, con una diminuzione media del -30,6% del fatturato e del -21,1% delle ore lavorate”, dichiara De Bartolomeis, “dalle risposte qualitative emerge come gli imprenditori richiedano maggiore sostegno da parte delle istituzioni e reputino insufficienti le misure finora messe in atto per fronteggiare la crisi economica. La priorità resta quella di risolvere i problemi legati alla mancanza di liquidità, necessaria per l’adeguamento ai processi produttivi, sia per le difficoltà di accesso al credito, sia in merito ai termini di restituzione, considerati troppo brevi e con tassi di interesse elevati. I piani di rientro richiesti dalle aziende sono di almeno 10 anni”. Un ultimo dato: il costo mensile medio, per le imprese abruzzesi, per ciascun lavoratore per l’applicazione dei protocolli sanitari è di 72 euro.

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