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Fede smarrita a Tagliacozzo, apparteneva ad un uomo che pareggiò i conti con la SLA

Radi sono i casi della vita che fanno credere che il destino, in fondo, un cuore pulsante e buono lo abbia per davvero. Come quello accaduto a Patrizia Quintavalle, negoziante d’abbigliamento della città d’arte marsicana di Tagliacozzo, che, il giorno 17 aprile scorso, postò sul social network Facebook un annuncio alquanto anomalo. Quel giorno, di fatti, Patrizia, esperta di moda e d’abbigliamento modaiolo, ha trovato, sperduta fra le stoffe svolazzanti degli abiti appesi ai manichini del suo negozio, il simbolo di una promessa. «La fede nuziale mi è saltata subito agli occhi, nonostante sia proverbiale la mia distrazione e la mia sbadataggine. Raccoltala, ho subito messo in circolo sul social network Facebook l’annuncio del suo ritrovamento in loco, con la speranza che qualcuno la riconoscesse al più presto. Ho percepito, dentro di me, che si trattava di una ‘promessa’ d’oro importante, di una di quelle che non ti fanno dormire la notte». Patrizia, poi, con sua grande sorpresa e suo massimo stupore, la misteriosa signora della fede smarrita, l’ha incontrata qualche giorno dopo, proprio all’interno del suo negozio.

La storia della perdita della fede non ha un gran valore sociale in sé, ma, se si discosta dalla mente il velo del materialismo, sicuramente si potrà anche incontrare lo sguardo vigile di un amore che nacque e che crebbe fra i recinti romani. Come quello di Marisa – questo il nome inciso all’interno della fede stessa – sposa ad un uomo che oggi non vive più qui, nel mondo sconsolato dei viventi. «Lessi la data del matrimonio: il 28 maggio del 1972. Non capivo, allora, a chi potesse appartenere il prezioso – racconta – poi ebbi un’illuminazione: la signora dell’anello, infatti, è la madre di una mia carissima amica. La fede, che ha impressa sulla sua liscia superficie, le lotte e le felicità di ben 44 anni di esistenza, l’ho ritrovata nel pomeriggio del giorno in cui ella venne, di mattino presto, nel mio negozio, per la misurazione e la visione di alcuni abiti».

Il proprietario della fede della promessa eterna si chiama Mimmo Ardagna ed è venuto a mancare nell’anno 2007, dopo periodi continui di lotta contro la malattia degenerativa. La Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) lo ha, a poco a poco, infatti, eroso nella sua forza e nella sua determinazione, ma egli ha resistito a questa patologia rara (3 casi ogni 100.000 individui all’anno) molto a lungo. «Non si è fatto portare via facilmente dal malanno. Per più di 15 anni di fila, Mimmo non si è arreso; è stato, ad oggi, uno dei più longevi pazienti ammalati di questa tremenda malattia. La sua storia personale – aggiunge Patrizia – tocca molte storie limitrofe, in realtà: una su tutte, quella di una comunità, quale quella tagliacozzana, che l’ha visto ammalarsi e combattere fino alla fine, e quella di sua moglie e delle sue due figlie, le quali non lo hanno lasciato mai da solo nemmeno un istante. Una famiglia, quindi, quella di Mimmo, che ha impresso un’orma buona in città». La fede di Marisa è il simbolo di una promessa che è riuscita ad andare oltre il senso misterioso e condannato della morte.

Nel mare magnum del social network Facebook, di fatti, tanti ‘fedeli dell’amore’ hanno sposato appieno la causa di Patrizia, condividendo il suo post con la foto della fede ed aiutandola in questa sua ricerca speranzosa e spasmodica della proprietaria. «Quasi tutta la comunità di Tagliacozzo si è prodigata, almeno sul piano virtuale, per la ricerca della donna». Galeotta fu, quindi, la condivisione sul social network: la figlia della legittima proprietaria ha, di fatti, riconosciuto la fede nuziale della madre nell’immagine e, infine, ha contattato Patrizia. «La sconsolazione della donna, che recriminava in casa la perdita del monile antico, è stata la molla della ricerca». Una delle due figlie abita tutt’ora a Tagliacozzo, mentre l’altra vive a Roma, assieme alla madre. Facebook, per un giorno, quindi, sembrerebbe essere stato anche utile alla società. Il negozio di Patrizia, ubicato proprio nel centro cittadino della città, a Piazza Obelisco, è stato testimone di una giornata dedicata alla più pura delle varie forme di solidarietà, quella che fa rima con rispetto della dignità altrui. «Appena ho visto la fede, ho subito pensato che dietro vi fosse l’anima di una vedova. Non entrano molti uomini nel mio esercizio commerciale». Il tutto si è concluso, infine, con un abbraccio di lacrime e di rievocazioni. «Affrontare e condividere la vita con un uomo affetto da questa malattia degenerativa, significa, – conclude Patrizia – probabilmente, vivere con il doppio della forza e guardare in faccia la vita per come essa è realmente, ossia un miscuglio di buche e trampolini di lancio». Da quando è deceduto il marito, la fede di lui la indossa costantemente lei al dito: a testimonianza del forte legame che li univa e che, tutt’ora, li unisce vividamente. «Lui era nativo di Salemi, in provincia di Trapani; Marisa, invece, è molto legata alle sue due figlie, persone squisite e grandi piratesse ribelli contro le noie dell’esistenza». Oggi, sulle ginocchia resistenti di quella stessa Marisa, possono sedersi comodamente due splendidi nipotini, vogliosi di attenzioni: la vita che finisce e la vita che si rinnova sembrano quasi toccarsi gomito a gomito, a volte. «Mi sono presa a cuore una questione non mia. In fondo, di paia di occhiali, anche costosi, se ne perdono a bizzeffe tutti i giorni. Di oggetti che ricordano le nostre promesse, le nostre idee e le nostre scelte personali, invece, un po’ meno. Non sono molto credente – chiosa, infine, la donna – ma, in questo caso, qualcosa di superiore avrà agito a beneficio della coniuge di quell’uomo, che decise, tanto tempo fa, di affrontare a viso aperto un’ombra nera. L’amore, probabilmente, lo rese più forte e resistente agli urti delle curve maledette della vita che va».

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