Solo nel 2016 a livello nazionale, si sono contati 110 femminicidi, perpetrati prevalentemente dal marito, dal compagno o dall’ex. Il 2015 ha visto 116 vittime, 110 donne sono state uccise nel 2014 e ben 138 nel 2013. Una strage senza fine e, anche se i primi 5 mesi del 2017 parrebbero denotare un calo dei delitti, le donne continuano a essere indifese di fronte alla furia cieca dei loro partner o ex partner. Questo il quadro ad oggi sul fenomeno del femminicidio analizzato da Sos Stalking. L’ultimo caso ieri sera nel milanese, a Segrate, dove un uomo di 38 anni ha sparato in testa all’ex convivente per strada e poi ha cercato di uccidersi. Per la donna sono state avviate le procedure per l’accertamento della morte cerebrale. Non c’e’ giorno in cui non si registri un fatto di cronaca che riaccende i riflettori sulla violenza di genere. Gelosia, incapacità di gestire la perdita, morboso senso del possesso sono i motivi che scatenano l’impeto omicida di quegli uomini che poi tentano di giustificare il loro gesto dichiarando un eccesso di amore per una compagna che non li voleva più. Ad oggi però, contrariamente al trend di inizio anno, sembrerebbe esserci stata una riduzione abbastanza importante dei numeri.
«In totale sono 22 le donne uccise, nel 90% dei casi per mano del partner o ex partner e in qualche sporadico caso dal figlio – afferma l’avvocato Lorenzo Puglisi, Presidente e fondatore dell’associazione SOS Stalking, che sottolinea anche un altro dato significativo – Parliamo di una donna uccisa ogni 6 giorni, contro i 3 giorni di media dell’anno scorso. Ovviamente è doverosa la massima cautela ed è presto per parlare di un dimezzamento, perché siamo solo a fine maggio tuttavia un anno esatto fa le vittime erano già 46 contro le 22 di oggi».
Fra le regioni con più omicidi, i numeri vedono al primo posto la Lombardia, il Lazio e la Campania con tre femminicidi per regione, seguono Veneto, Liguria, Sardegna e Sicilia con due omicidi per ciascuna e infine Emilia Romagna, Piemonte, Toscana e Calabria con un delitto per ognuna. Non vanno poi dimenticate le cosiddette ‘vittime secondarie’ del femminicidio, ovvero i figli che, in seguito al crimine si ritrovano orfani della madre, talvolta di entrambi i genitori nei casi in cui all’omicidio segua il suicidio.
Nel 2015, 118 bambini sono rimasti orfani, 84 si sono aggiunti nel 2016. «Le conseguenze che le vittime cosiddette ‘secondarie’ subiscono sono molte, e spesso irreparabili: dal trauma legato allo shock, sia per aver in alcuni casi testimoniato direttamente all’omicidio, sia per il lutto violento, all’indigenza, alla mancanza di un’educazione adeguata e di una guida in un’età molto delicata per la propria crescita. Ricordiamo però che lo scorso febbraio la Camera ha approvato con voto unanime una legge che, almeno in parte, tutela queste vittime e che prevede che le spese processuali siano a carico dello Stato. Dispone inoltre la reversibilità della pensione del genitore ucciso ed estende il Fondo per le vittime di mafia, usura e reati intenzionali violenti anche agli orfani di crimini domestici, con una apposita dotazione aggiuntiva di 2 milioni di euro all’anno per borse di studio e reinserimento lavorativo», precisa Puglisi. Ai figli delle vittime «è assicurata inoltre assistenza medico-psicologica gratuita fino al pieno recupero psicologico ed è attribuita la quota di riserva prevista per l’assunzione di categorie protette. Se il cognome è quello del genitore condannato in via definitiva – spiega ancora l’associazione – il figlio può chiedere di cambiarlo. La condanna e il patteggiamento comportano automaticamente anche l’indegnità a succedere». Nei primi 5 mesi del 2017 si contano 22 orfani. In più, mentre una donna è morta con in grembo un feto di 6 mesi, deceduto con lei. «I tempi sono maturi per una legge che disciplini una volta per tutte un fondo a tutela di queste vittime innocenti – conclude Puglisi – Rimanere inerti, ci rende corresponsabili».
Fonte AGI
Foto di Blasting News