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Festival delle birre d’Abruzzo: “Dal campo al boccale”

L'annuncio è del presidente della prima commissione Bilancio in Consiglio regionale, Vincenzo D'Incecco. Traccia il bilancio della kermesse dedicata all'eccellenza regionale: "Entro gennaio, incontro con birrai per definire criteri del disciplinare e della registrazione del marchio unico".

“Siamo già al lavoro per chiudere la filiera abruzzese della birra agricola e artigianale, dalla terra al boccale e, come evidenziato dagli stessi produttori, la priorità assoluta è realizzare sul territorio regionale un impianto di maltazione, ad oggi assente, per avere in loco la materia prima fondamentale per questo straordinario prodotto. Per quanto riguarda invece il disciplinare e il marchio unico a breve, entro gennaio, faremo una riunione con tutti i birrai, che saranno protagonisti in tutte le fasi del processo normativo”.

Archiviata con successo la seconda edizione del Festival delle Birre d’Abruzzo, celebrata in una intensa tre giorni nel palazzetto della Camera di Commercio Chieti-Pescara di Chieti, a fare il punto e ad anticipare le prossime mosse è il presidente della prima commissione Bilancio in Consiglio regionale, Vincenzo D’Incecco, firmatario assieme ad Emiliano Di Matteo, presidente della terza commissione Agricoltura, della legge regionale 5 del 15 marzo 2021, che ha come obiettivo la valorizzazione e internazionalizzazione della birra artigianale e agricola abruzzese, ovvero quella non sottoposta a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione, strategia che trova il forte sostegno della Regione Abruzzo, in particolare del vice presidente della Regione, Emanuele Imprudente, che ha la delega all’Agricoltura.

Anche quest’anno l’organizzazione, nel ruolo di braccio operativo, è stata a cura dell’Agenzia regionale attività produttive (Arap).

La seconda edizione che ha registrato un buon successo di pubblico, ha avuto innanzitutto come protagonisti i birrifici agricoli e artigianali Nabò, Maiella, Beer park, Pesce Palla, Ramoni, Golden rose, Bag, Babilhop e Marsos, che in alcuni casi autoproducono oltre la metà del frumento necessario per il malto, potendosi così fregiare del titolo di birrificio agricolo e che quest’anno hanno incontrato e sottoscritto promettenti accordi con buyers che operano nei mercati di Inghilterra, Finlandia, Stati Uniti, Sud America, Giappone, Cina e Taiwan, o anche con piattaforme di incontro di domanda e offerta tra birrifici e locali in tutta Italia.

“Gli stessi buyers ci hanno confermato – commenta a tal proposito D’Incecco – che la birra agricola artigianale abruzzese è assolutamente competitiva e di ottima qualità. A maggior ragione occorre lavorare alla sua riconoscibilità e legame con il territorio. Ecco perché è fondamentale un marchio con relativo disciplinare, a cui si potrà liberamente aderire. Un po’ quello che si è deciso di fare con l’arrosticino d’Abruzzo, che avrà sia il marchio Dop che quello Igp. A questo proposito vorrei ricordare che i nostri vini fino a qualche decennio fa, venivano commercializzati e consumati sostanzialmente in ambito regionale, mentre oggi rappresentano un brand di eccellenza, una punta di diamante dell’agrifood abruzzese e sono esportati e apprezzati in tutto il mondo, creando lavoro e e ricchezza diffusa. Ci sono tutte le premesse per fare altrettanto con la birra agricola ed artigianale”.

Aggiunge D’Incecco, a proposito del marchio: “gli uffici sono già al lavoro e non è una cosa facile perché bisogna contemperare le varie specificità, distinguere le birre agricole da quelle artigianali, occorre anche riuscire a non appiattire le varie specificità e particolarità di prodotti che vengono imbottigliati in tutte e quattro le province in contesti differenti. Una volta registrato il marchio ci sarà l’esigenza di promuoverlo e affermarlo presso i consumatori e i vari mercati”.

Romina Sagazio, del birrificio Marsos di Avezzano, in provincia dell’Aquila commenta soddisfatta, al termine della tre giorni, “per noi il Festival è stata l’occasione di fare rete, di farci conoscere meglio sulla costa, e soprattutto di avere contatti con buyers che hanno molto apprezzato la nostra birra, e grazie a loro riusciremo a esportare in mercati dove oggi non siamo presenti”.

Mario Ramoni, del birrificio Ramoni di Campli, in provincia di Teramo parla di “un bilancio complessivamente positivo, l’organizzazione è stata davvero ineccepibile. Per quello che mi riguarda con l’export vado molto cauto, mi rivolgo per ora al mercato locale. Per quanto riguarda le esigenze del nostro settore, ritengo che occorra sostenere all’accesso al credito, a beneficio di quelle piccole realtà che non sono in grado di offrire alle banche le garanzie richieste, ma che hanno belle idee da sviluppare”.

Melania Chiappini del birrificio Golden roses di Pianella in provincia di Pescara aggiunge: “siamo una azienda agricola che opera dal 2003, poi nel 2012 abbiamo deciso di produrre birra artigianale, coltivando l’orzo da cui ricaviamo il malto pils, e lo abbiamo fatto perché siamo noi per primi grandi estimatori della birra di qualità. Ben venga dunque un disciplinare e un marchio, che sia garanzia di qualità e di certificata professionalità, ed anche un valore aggiunto per la commercializzazione all’estero”.

Altri spunti di riflessione vengono infine offerti da Maria Grazia Baldasarre, del birrificio Pesce Palla di Giuliano Teatino, in provincia di Chieti: “ritengo che sia necessario anche un lavoro di carattere culturale, di sensibilizzazione: la birra artigianale deve infatti ancora affermarsi presso il consumatore medio italiano ed anche abruzzese, occorre dunque far comprendere che è un prodotto di qualità, equivalente ai migliori vini, non solo una bevanda dissetante da consumare al bar. Da questo punto di vista può aiutare senz’altro l’introduzione del marchio e del disciplinare, l’importante è però non appiattire le differenze e le specificità territoriali”.

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