“Lotterò fino a che potrò, ma nel giorno in cui perderò la lucidità non voglio stare un’ora senza essere lucida. Voglio anche morire da martire ma se sto a letto come un vegetale, qual è la dignità? Ho deciso ‘no all’alimentazione forzata ed all’idratazione’. Ma se in Italia non verrà approvata in tempi celeri una legge, dovrò fare la scelta di farmi portare fuori per scegliere la mia fine”. È la toccante testimonianza di Sabrina Pantalone, la giovane madre aquilana affetta da sclerosi multipla, uno degli interventi più significativi dell’incontro-dibattito sul “Fine vita” che si è tenuto sabato sera a Sulmona, nel cortile di palazzo San Francesco.
L’evento ha messo a confronto “magistratura, referendari, politici e chiesa, su un tema di scottante attualità, oggetto anche di una iniziativa referendaria, sul diritto a porre termine all’esistenza da parte di un paziente consenziente e con un quadro clinico di patologia terminale, dolorosa e invalidante”.
Tra gli ospiti, Pierpaolo Sileri sottosegretario di Stato al Ministero della Salute, intervenuto da remoto, il sindaco di Sulmona, Annamaria Casini, il giudice del tribunale dell’Aquila Marco Billi, Don Egidio Berardi, dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della Salute, in rappresentanza del vescovo, monsignor Michele Fusco, l’avvocato Luca Tirabassi, presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Sulmona, Gabriella Di Girolamo, senatrice M5S e Sara Marcozzi, avvocato e capogruppo M5S in Consiglio regionale.
“Ho scoperto la mia malattia il 19 giugno 2021, prima stavo meglio però la mia malattia ha deciso di correre veloce ma io vado più veloce. Penso ai miei figli, cosa vuoi per la tua dignità, capire da dove ricominciare – ha spiegato ancora Pantalone -. Non è importante la mia malattia ma la legge che deve intervenire per patologie che non hanno cure. Siamo in un paese civile e questo dovrebbe essere un nostro diritto con l’aiuto della politica: nessuno deve decidere per me, è urgentissima una legge”.
A tale proposito, la giovane mamma ha citato il libro “Soli nel fine vita. Il caso Cappato e la necessità di una legge”, scritto dal giudice Billi edito da Edizioni Mondo Nuovo di Pescara, che ha promosso l’evento di Sulmona (con il patrocinio del Comune), nel quale il magistrato denuncia il vuoto legislativo su questo delicato tema etico.
“Il mio libro sarebbe stato coraggioso se avessi assunto una posizione – ha affermato Billi -. Ho solo posto i confini di un problema. Il progresso della biomedicina ha fatto sì che il passaggio dalla vita alla morte passa per una fase lunga e dolorosa. Non riguarda più solo i malati terminali ma si allarga ad una serie di malattie. Quando ci si trova al cospetto di questa fase, il diritto alla vita presuppone anche il diritto alla morte? La mancanza di una legge di fatto non elide il problema, è solo il modo un po’ ‘vigliacco’ di non affrontarlo, di nascondersi. L’eutanasia esiste in modo sommerso in maniera drammatica. DJ Fabo è andato in Svizzera partendo dal nord Italia e vista la poca distanza ha potuto farlo. Il tutto al costo di circa 10mila euro. La vita è del tutto indisponibile o il cristiano ne deve fare un uso responsabile? Anni fa si moriva in breve tempo. Adesso molti malati rimangono tra la vita e la morte aggrappati in condizioni da alcuni percepite come mortificanti. Chi chiede di morire si pone contro Dio o contro il progresso scientifico? La proposta di legge sventolata è frutto di una mediazione tra le varie forze politiche, ora il legislatore deve colmare questo vuoto”, ha concluso Billi.
“Di aiuto stiamo parlando e serve un perimetro legislativo finale. Necessario parlare inevitabilmente di quello che è il servizio sanitario nazionale, se non lo potenziamo in maniera omogenea in tutto il territorio nazionale, il problema è che non ci sarà mai vera libertà di scelta. Migliorando l’esistente, malato e famiglie saranno libere di scegliere in osservanza alle leggi. Complimenti al giudice Billi per la sua sensibilità”, ha sottolineato il sottosegretario Sileri.
Don Egidio Berardi: “Il cristiano parte dal quinto Comandamento, sia in senso attivo che in senso passivo. Come credente ritengo che la vita mi sia stata data come dono e io non ho il potere di togliermela e di toglierla ad altri. Non è che il cristiano è votato alla sofferenza. Il Cristo prima della passione prega perché gli venga risparmiata. Ma c’è il potere salvifico della sofferenza che diventa una realtà di salvezza”.
Senatrice Di Girolamo: “È in corso una raccolta firme per il referendum. In queste settimane è stato predisposto un testo di legge che spero partirà in breve tempo. Una legge con pochi articoli in cui si identificano forma, requisiti e soprattutto escludono la responsabilità dei sanitari. La politica ha un ruolo molto importante, però molto spesso può operare in senso contrario. Mi auguro che attraverso un percorso parlamentare o con il referendum si possa risolvere la problematica legata a questo tema etico”.
Sara Marcozzi: “Il mio sogno è di non dover vedere eroi, santi o grandi esempi per legiferare su una materia che è una cosa naturale sulla terra, nasciamo in vari modi, viviamo in tanti modi, scegliamo di abbracciare una religione piuttosto che un’altra. Poi c’è la morte. A me piacerebbe una legge approvata sul fine vita che sia il lavoro di equipe di un pensiero che viene fuori da un tavolo di lavoro. Io sono appassionata di etica. L’etica è la differenza tra le cose giuste e quelle sbagliate
Mi chiedo cosa sia giusto e cosa sia sbagliato: è etico imporre ad una persona che desidera morire per vari motivi di non scegliere, cioè di continuare a vivere ? Secondo me è giusto permettere alle persone di scegliere con la guida di uno Stato laico, anche con contributi etici, però focalizzato sulla dignità e la libertà delle persone. È necessario codificare libere scelte rispettose della libertà personale”, ha concluso la consigliera regionale pentastellata.
“Con questo libro ho scoperto un Marco Billi che invece di risolvere un problema ne ha posto uno, in maniera molto garbata, che è quello di un legislatore chiamato ad intervenire e a giungere ad una decisione. L’opera di Billi chiama tutti ad una scelta ma soprattutto il legislatore. Per una volta Billi non decide ma pone un problema che oltre alla sfera giuridica implica anche quella etica”, ha spiegato l’avvocato Tirabassi.