12 organizzazioni umanitarie che operano nella Striscia lanciano un appello: fateci fare il nostro lavoro. Ma il 95% delle organizzazioni umanitarie ha dovuto sospendere o ridurre drasticamente i servizi dalla fine del cessate il fuoco. Dall’ottobre 2023, a Gaza sono stati uccisi oltre 400 operatori umanitari e oltre 1.300 operatori sanitari. Le organizzazioni chiedono l’accesso sicuro e senza restrizioni agli aiuti, la protezione dei civili e delle infrastrutture civili, il rilascio degli ostaggi e dei palestinesi detenuti arbitrariamente e, soprattutto, un cessate il fuoco immediato e permanente.
“Dopo 18 mesi di guerra e un assedio totale di sei settimane, il sistema di aiuti umanitari a Gaza è sull’orlo del collasso totale. Un bilancio sconvolgente per civili e operatori umanitari spinge i CEO di 12 importanti organizzazioni umanitarie, tra cui Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro, a lanciare un appello urgente: fateci fare il nostro lavoro. Una nuova indagine sull’accesso umanitario condotta su 43 organizzazioni umanitarie internazionali e palestinesi che operano a Gaza ha rilevato che quasi tutte – il 95% – hanno dovuto sospendere o ridurre drasticamente i servizi dalla fine del cessate il fuoco, avvenuta un mese fa, il 18 marzo, con bombardamenti diffusi e indiscriminati che rendono estremamente pericoloso spostarsi. A pagare il prezzo è la popolazione di Gaza, in particolare donne e bambini. Le famiglie vivono tra le macerie delle loro case distrutte. La carestia non è solo un rischio, ma è probabile che si stia diffondendo rapidamente in quasi tutte le zone di Gaza. L’ONU ha lanciato l’allarme: la crisi umanitaria a Gaza è la peggiore degli ultimi 18 mesi. Privati dei mezzi per mantenere in vita le persone, gli ospedali sono diventati obitori. Si stima che oltre 51.000 palestinesi siano stati uccisi. Uno degli ultimi ospedali parzialmente funzionanti, l’Al-Ahli Arab Hospital nel Nord di Gaza, è stato bombardato domenica scorsa”, affermano le organizzazioni umanitarie in una nota.
“Questo è uno dei peggiori fallimenti umanitari della nostra generazione. Ogni singola persona a Gaza fa affidamento sugli aiuti umanitari per sopravvivere. Quella che era un’ancora di salvezza è stata completamente minata dal blocco su tutti gli aiuti imposto dalle autorità israeliane il 2 marzo. Abbiamo rifornimenti pronti, personale medico qualificato e le competenze necessarie. Ma quello che i nostri operatori non hanno è la possibilità di accedere alla popolazione e la garanzia da parte delle autorità israeliane di poter svolgere il loro lavoro in sicurezza. La stessa sopravvivenza è ormai a rischio e il sistema umanitario è al limite”, hanno dichiarato i CEO delle 12 organizzazioni umanitarie in una dichiarazione congiunta.
“Ogni giorno gli operatori umanitari – la maggior parte dei quali palestinesi – vengono presi di mira, arrestati, ostacolati o uccisi. Le regole volte a proteggere i civili in guerra vengono ignorate impunemente. Quando il nostro personale e i nostri partner, i nostri convogli, i nostri uffici, i nostri magazzini vengono bombardati, il messaggio è forte e chiaro: persino gli aiuti salvavita non sono più protetti. Questo è inaccettabile. Nel frattempo, le autorità israeliane hanno proposto un nuovo meccanismo di autorizzazione per la consegna degli aiuti a Gaza che il Segretario generale delle Nazioni Unite ha descritto come volto a “limitare gli aiuti fino all’ultima caloria e chicco di farina”. Questo meccanismo creerebbe un nuovo pericoloso precedente globale ed eliminerebbe qualsiasi spazio residuo per la distribuzione degli aiuti indipendentemente da motivazioni militari e politiche. Le nuove regole sui visti e sulla registrazione delle ONG, basate su criteri vaghi, censureranno i resoconti umanitari e ci impediranno di adempiere al nostro mandato”.
“Invitiamo tutte le parti a garantire la sicurezza del nostro personale e a consentire l’accesso sicuro e senza restrizioni agli aiuti a Gaza attraverso tutti i punti di ingresso, e ai leader mondiali a opporsi a ulteriori restrizioni. Chiediamo la protezione dei civili e delle infrastrutture civili, inclusi ospedali, scuole e rifugi, e l’immediato ripristino dei servizi di base – acqua, elettricità e servizi igienici – come richiesto dal diritto internazionale. Chiediamo il rilascio degli ostaggi. Chiediamo il rilascio di tutti i palestinesi detenuti arbitrariamente. Chiediamo, ancora una volta, a gran voce, un cessate il fuoco immediato e permanente. Gli aiuti umanitari non devono mai essere usati come strumento politico. Salvare vite umane non dovrebbe essere oggetto di controversie. Anche la guerra ha le sue regole, sviluppate nel corso dei secoli per limitare le violenze e proteggere i civili, e che non dovrebbero essere dimenticate. Lasciateci fare il nostro lavoro”.
FIRMATARI
INGER ASHING, CEO, Save the Children International
ABITABH BEHAR, Executive Director, Oxfam International
SEAN CARROLL, President and CEO, American Near East Refugee Aid (ANERA)
STEVE CUTTS, interim Chief Executive Officer, Medical Aid for Palestinians (MAP)
NICOLAS DOTTA, CEO, Médecins du Monde Spain
JAN EGELAND, Secretary General, Norwegian Refugee Council (NRC)
REENA GHELANI, CEO, Plan International
MANUEL PATROUILLARD, Managing Director, Humanity & Inclusion – Handicap International
MORGANE ROUSSEAU, CEO, Médecins du Monde Switzerland
REINTJE VAN HAERINGEN, Chair – Executive Committee, CARE International
JOEL WEILER, CEO, Médecins du Monde France
ROB WILLIAMS, CEO, War Child Alliance