E’ il figlio, Andrea Sisto Palozzi, a tracciare, con le parole, quasi un almanacco della memoria della madre scomparsa, portata via dal Covid-19. Quando si parla di Coronavirus o di morte innestata, purtroppo, per via di quest’ultimo male del secolo contemporaneo, ci si dimentica spesso di rievocare la persona e la personalità di chi adesso non c’è più. Ci si dimentica che dietro il palcoscenico mediatico di quelle cifre e di quei numeri, che sommano e assommano morti, contagiati, positivi e guariti, si celano storie, vite, sorrisi spenti o rinati dopo un lungo calvario.
Andrea ci ha scritto anche a nome di sua sorella Ascenza, l’altra figlia di Giovanna Bianchi, la 82enne di Villavalleonga strappata via, per l’appunto, dalla malattia del Covid-19. La donna è stata purtroppo contagiata dal virus, come tanti, tantissimi altri anziani della Penisola.
“Mia madre – ci tiene a precisare il figlio – si è “allontanata dall’antico borgo” (quale Villavallelonga NdR) il 21 maggio del 2019, poiché colpita da ictus. E’ stata trasferita allora, immediatamente, quella stessa notte, per nostro volere, all’Ospedale Civile di Pescara, perché io potessi seguire giornalmente l’evolversi della situazione”. Il figlio è, di fatti, residente proprio nel Comune di Pescara ed è Caposquadra dei Vigili del Fuoco del capoluogo adriatico dell’Abruzzo.
“Dopo i vari interventi riabilitativi, poiché vi erano ancora dei margini di recupero, mia madre è stata ricoverata nella RSA “Villa San Giovanni”, sita nel Comune di San Giovanni Teatino, in Provincia di Chieti: una struttura, questa, – racconta Andrea – volta al potenziamento delle abilità motorie. L’obiettivo è stato quello di assicurare a mia madre una doverosa assistenza sanitaria, sempre costantemente seguita col mio amore di figlio”. La signora Giovanna, però, purtroppo, ha poi manifestato i primi sintomi, tristemente noti, del Covid-19, nella notte fra il 19 ed il 20 aprile 2020; all’una e trenta è stata ricoverata all’Ospedale Clinicizzato di Chieti. Qui è venuta a mancare la sera del 14 maggio scorso.
Non un numero. Non una cifra da sommare o sottratte, ma una donna anziana e, per questo, custode di una sapienza longeva e sentinella instancabile di un passato legato alla sua terra d’origine. Una donna, una mamma, una persona che si è spenta tra le braccia comunque lontane dei suoi cari.
“Questa donna speciale, innamorata della sua terra, non ha mai “abbandonato” il suo paese natio, Villavallelonga – aggiunge il figlio – ma si è allontanata un anno fa solo per vivere con noi figli e nipoti per ovvie ragioni di salute. Noi figli, come molti del resto, lontani per motivi di lavoro, siamo spesso tornati nel paese d’origine di nostra madre, per vivere qualche giorno con lei, prima della malattia, e condividere con tutti i compaesani valori profondi, quali il rispetto della parentela, il rispetto delle amicizie, delle tradizioni e delle bellezze dei luoghi che rendono Villavallelonga uno dei borghi più belli e tradizionali d’Abruzzo”, afferma Andrea. Il giorno del funerale di Giovanna, svoltosi nella sua amata Villavallelonga, tutto il paese era in strada, rispettando, ovviamente, le regole di sicurezza e il distanziamento sociale. Volti conterranei tristi, che conoscevano Giovanna, che l’hanno incontrata sempre per gli angoli del paese e che hanno scambiato con lei una chiacchiera o un sorriso. Perché l’anzianità è un testamento di vita vera vissuta, di rapporti umani quasi incancellabili. “Colgo, infatti, – aggiunge ancora Andrea – l’occasione per ringraziare tutti i concittadini che hanno preso parte all’ultimo saluto a mia madre, ringrazio tutti coloro che hanno voluto tributare il suo ricordo”.
“Come ci sentiamo adesso? – aggiunge il figlio – Distrutti e amareggiati. Sin dall’inizio dell’isolamento, non ci è stato più possibile vedere nostra madre, accarezzala, baciarla, coccolarla; ci è stato negato dalla situazione di poterle tenere la mano, bagnarle le labbra, essere presenti prima che chiudesse gli occhi per l’ultima volta. Ci siamo ritrovati di punto in bianco a poter solo accarezzare il legno di una bara”.
“Mi domando – conclude – cosa ha fatto papà Stato per preservare la vita di questi “anziani”? Ossia padri, madri, nonne, nonni, sorelle, fratelli, insomma un’immensità di saperi che abbiamo perso per sempre?”. Una riflessione, questa, che fa viaggiare lontani i pensieri. Pensieri che si rincorrono e che raggiungono, come tanti aghi e fili, le riflessioni di tutti coloro che, in piena pandemia, hanno perso per sempre un congiunto. Perché anche dietro questa semplice parola, c’è un mondo di tenerezze che non si può dimenticare.