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Il “Sangue blu” del Montepulciano Peligno

Uno studio condotto su vitigni e vini delle Terre dei Peligni evidenzia l’alta qualità di una produzione unica e ambiziosa

Con i suoi vitigni presenti già al tempo dell’Unità d’Italia, anche se mancano testimonianze storiche codificate, il Montepulciano ha avuto origine in Valle Peligna. Il “sangue blu” del Montepulciano, nasce nelle fasce pedemontane di Sulmona, Pratola Peligna, Vittorito e Corfinio, per poi essere esportato sulle colline della zona costiera. Un’origine nobile che ora un progetto del Gal Abruzzo Italico-Alto Sangro sta analizzando e riscoprendo con gli strumenti della scienza.

Mira infatti alla caratterizzazione e valorizzazione del vitigno Montepulciano e di alcune categorie di vini producibili (versione rosso fermo e cerasuolo) nelle Terre dei Peligni, lo studio che il Gal Aias sta facendo in collaborazione con Alberto Palliotti, professore di Viticoltura presso l’Università degli Studi di Perugia.

Nell’ultima vendemmia sono stati prelevati cinque lotti di due quintali l’uno di uve della zona e in particolare in cinque aziende del territorio peligno (Pietrantonj e Pace di Vittorito, Margiotta di Pratola Peligna, Tenute Del Castello di Corfinio e Oro Rosso di Sulmona) e vinificate presso la Cantina sperimentale Montecristo dell’Istituto Tecnico Agrario Ciuffelli-Einaudi di Todi, una delle più all’avanguardia in Italia.

Nei vigneti oggetto di indagine è stata valutata, in vendemmia, la produzione e le relative componenti, nonché la composizione dell’uva (zuccheri, acidità, pH del mosto, antociani, polifenoli totali e tannini, azoto prontamente utilizzabile dai lieviti). Altre valutazioni hanno riguardato l’incidenza dei grappoli attaccati da botrite ed eventuali fisiopatie, quali le disidratazioni degli acini ed eventuali scottature solari dei grappoli collegati all’ormai conclamato global warming. In vinificazione, al termine della fermentazione, sono state eseguite analisi della composizione analitica dei vini ottenuti (alcol, acidità totale, acidità malica, pH, antociani e polifenoli totali, tannini, estratto secco netto, intensità e tonalità colorante). Inoltre, dopo un adeguato periodo di affinamento, sono previste analisi sensoriali condotte da un panel qualificato.

Uno studio completo, insomma, dalla vigna al bicchiere, che si sta eseguendo in particolare su tre partite di Montepulciano e due di Cerasuolo, punte di diamante della produzione vitivinicola peligna.

I risultati finali saranno resi noti in una pubblicazione tra alcuni mesi, ma gli esiti ottenuti finora hanno evidenziato un’elevata qualità dei vini ottenuti, caratterizzati da uve prodotte e maturate in quota (tra i 400 e i 700 metri di altitudine), con esposizioni dei versanti vitati e caratteristiche pedo-climatiche che consentono di ottenere vini tipici e talvolta unici.

“Dalla vinificazione sono venuti fuori ottimi risultati per i Cerasuoli – spiega Palliotti – e punte di altissima qualità per alcuni Rossi che sono molto diversi tra loro a seconda della zona di coltivazione dei vigneti. L’area peligna è una zona storicamente vocata alla viticoltura, orograficamente complessa, le cui caratteristiche pedo-climatiche la rendono difficilmente imitabile. Dallo studio si stanno verificando anche se è vero, come si vocifera, che il Cerasuolo peligno abbia una tenuta più longeva rispetto ai Cerasuoli prodotti sulla fascia costiera”.

L’obiettivo è quello di valorizzare un’uva che, nonostante le “origini nobili”, è stata per troppo tempo utilizzata in blend con le uve di altri vitigni per l’assenza di una filiera organizzata e consapevole.
E a giudicare dai primi risultati, il Montepulciano delle Terre dei Peligni ha tutte le carte in regola per essere riconosciuto come un “vino di territorio” e di grande pregio, di quelle da mettere sulle migliori liste dei vini.

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