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Il “Sentiero della Libertà” arriva a Casoli

Ad attenderlo la storia riscoperta di Peppino Verlengia, esempio di “resistenza umanitaria”

Il 14 maggio, alle ore 17:00, la 20ª Edizione della Marcia internazionale “Il sentiero della libertà – Freedom Trail” farà tappa nel comune di Casoli. Si tratta di un evento annuale che ripercorre la via di fuga degli ex prigionieri di guerra alleati e dei tanti giovani italiani decisi a raggiungere le linee anglo-americane nel sud Italia per continuare la lotta contro il nazifascismo. Infatti, dopo l’8 settembre 1943, circa cinquantamila militari alleati custoditi nei campi della penisola italiana riuscirono a “varcare il recinto” e a prendere il largo tra le popolazioni dei territori circostanti.

Partita dagli ex stabili del Campo n° 78 di Fonte d’Amore (Sulmona, AQ), l’edizione di quest’anno è all’insegna del ricordo del professore Mario Setta, scomparso di recente. L’ex insegnante del Liceo Scientifico “Enrico Fermi” di Sulmona era considerato l’anima e il promotore de “Il Sentiero della Libertà” sin dalla sua prima edizione del 2000. Nel corso degli anni, lo stesso Mario Setta avevo istaurato un profondo legame con la comunità casolana. Alcuni fa, infatti, commentando il lungo lavoro di ricerca intrapreso da Giuseppe Lorentini (dottorando in studi storici presso l’Università degli Studi del Molise) sulle vicende del campo di concentramento fascista di Casoli, Mario Setta aveva ben descritto il duplice ruolo del comune abruzzese negli eventi tragici dell’ultimo conflitto mondiale: “Casoli la libertà. Speranza e tragedia negli anni della Seconda guerra mondiale. Speranza per i prigionieri fuggiaschi dai campi di concentramento abruzzesi tragedia per i prigionieri nei campi di internamento fascisti”.

Il pregevole lavoro di Giuseppe Lorentini è riuscito a collegare le vicende degli internati con quelle degli ex prigionieri di guerra alleati. Infatti, l’avvocato Fortunat Mikuletič, tra i reclusi del campo fascista di Casoli, ci ha lasciato una vivida testimonianza della sua esperienza di internato pubblicata postuma con il titolo esemplare di “Internatitis” (dall’editore Goriška Mohorjeva družba, 1974). Ed è proprio durante l’attenta disamina di quest’opera che Giuseppe Lorentini ha ridato voce e considerazioni alla storia della famiglia Verlengia, alle quali l’autore dedica ben cinque capitoli del suo libro. Di questo nucleo famigliare, Fortunat Mikuletič ricorda con particolare affetto e gratitudine il signor Giuseppe, chiamato affettuosamente Peppino, veterano della Prima Guerra Mondiale (iscritto all’Ordine dei Cavalieri di Vittorio Veneto con decreto del Presidente della Repubblica del 25 settembre 1970).

Nelle fasi concitate dell’autunno-inverno 1943-1944, il Signor Giuseppe, il figlio Nicola, la figlia Liliana e la moglie Costanza De Petra, offrirono disinteressato aiuto agli internati del campo fascista di Casoli Fortunat Mikuletič, Jerko Aljinović, Damjan Cvjetničanin, Milan Marinkovič e un rifugio sicuro ai militari alleati evasi dai campi di prigionia italiani nei giorni successivi all’8 settembre 1943. “Ben presto ci trovammo a vivere in un lusso tale che, a fronte delle difficoltà generali che dominavano ovunque, per non dire poi nel mio paese d’origine, la Slovenia, tutto ciò mi apparve addirittura delittuoso. Questo lusso attrasse a casa di Peppino altri due internati incapaci di esprimersi in italiano, Damjan Cvjetničanin e Milan Marinkovič, quest’ultimo un pastore di montagna di 74 anni, entrambi serbi ortodossi, Cvjetničanin originario dalla Croazia e Marinkovič dalla Dalmazia. Essendo Jerko croato, potemmo rappresentare egregiamente tutte e tre le nazioni costitutive della Jugoslavia nel cuore dell’Italia, nel paese di Pianibbie in Abruzzo”. Nelle sue memorie, l’avvocato Fortunat Mikuletič ricorda con queste parole l’assistenza prestata ai prigionieri di guerra alleati dalla famiglia Verlengia “quando lasciai l’ospitale casa di Peppino all’inizio di novembre 1943, gli diedi un certificato che attestava che aveva dato rifugio agli internati. C’erano molti prigionieri di guerra inglesi provenienti dai campi del nord, che si muovevano con prudenza verso il fronte per riunirsi con il loro esercito lì. I contadini vicini li mandavano tutti da noi alla fattoria di Peppino. Anche loro avevano paura, perché i tedeschi avevano annunciato che chiunque avesse preso un inglese sotto il suo tetto sarebbe stato fucilato. In alcuni casi quella minaccia fu eseguita. Peppino, però, corse questo rischio. Disse scherzando: «Ebbè, cadremo insieme!». Ricorsi al mio povero inglese e a un dizionario. Ognuno dovette rilasciarmi una dichiarazione scritta, assieme al nome, al suo grado militare e al suo numero di matricola, che era stato ben accolto da Peppino e che la guida lo aveva accompagnato durante la notte. Quando nel 1946 scrissi a Peppino da Milano per chiedergli di mandarmi il ‘conto’, mi rispose che gli Alleati avevano pagato una bella ricompensa sulla base dei certificati. Non gli dovevo nulla. Al contrario: si disse in debito con me perché, seguendo i miei consigli, aveva conservato tutti i suoi averi, acquisito del denaro e si era costruito una bella casa nuova.” La storia di Peppino e della sua famiglia si va ad inserire in quell’arcipelago di storie abruzzesi di “resistenza umanitaria” tanto care a Mario Setta che amava raccontare in ogni suo incontro.

A Casoli, ad attendere il Sentiero della Libertà, saranno presenti le figlie di Nicola Verlengia con le rispettive famiglie alle quali l’Amministrazione comunale, nell’intento di esprimere l’eterna riconoscenza della comunità casolana, conferirà loro una targa quale attestato di gratitudine a testimonianza del profondo altruismo dimostrato dalla famiglia Verlengia nei drammatici giorni dell’occupazione tedesca in Italia durante la Seconda guerra mondiale.

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