“La sentenza del Consiglio di Stato che ha ribaltato la sentenza del TAR Abruzzo che aveva bocciato i nuovi impianti di risalita di Ovindoli in pieno Parco naturale regionale Sirente Velino e addirittura di una Zona di Protezione Speciale dell’Unione Europea di fatto, certifica che il patrimonio di biodiversità è sacrificabile sull’altare di una crescita che non deve avere limiti”.
Commentano così la sentenza del Consiglio di Stato le associazioni ambientaliste, che si erano rivolte al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), per fermare i lavori dei nuovi impianti.
“Il passaggio del consiglio di Stato sul ‘bilanciamento’ della tutela dei diritti costituzionali è veramente sconfortante, soprattutto quando questo “bilanciamento” vede guarda caso sempre soccombere la tutela del paesaggio e della biodiversità. Questo nonostante il nuovo Art.9 della Costituzione includa oggi tra i principi fondamentali della Repubblica la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. L’art.41 della Carta stabilisce che l’iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno all’ambiente”, prosegue la nota firmata da Salviamo l’orso, Stazione ornitologica abruzzese (Soa), Lega italiana protezione uccelli (Lipu), Mountain wilderness.
“Tutto ciò avviene in piena epoca di crisi climatica, compreso l’impatto sullo sci, e con grandi chiacchiere sulla necessità di salvaguardare un pianeta ormai ridotto ai minimi termini. Neanche l’intervento dei carabinieri forestali sulla carenza degli studi è stato ritenuto sufficiente a fermare il progetto. Riteniamo surreale il passaggio della sentenza in cui i giudici, ribaltando quanto stabilito dal TAR circa la necessità che l’apparato pubblico decida sui progetti avendo le adeguate competenze tecniche, affermano che un geometra di un comune può ben valutare i dati tecnici prodotti da biologi, rilasciando la prescritta Valutazione di incidenza ambientale”.
“Se si segue la stessa ‘logica’, a questo punto negli uffici del Genio Civile possiamo far valutare i progetti dei ponti in cemento armato proposti da ingegneri direttamente a biologi e naturalisti, oppure al Comitato VIA della regione. Perché avere dei geologi per valutare i progetti sul rischio alluvione? E così via”.
“Ovviamente non possiamo che prendere atto della sentenza sfavorevole – concludono le associazioni ambientaliste – che permetterà presto di sbancare con milioni di euro di fondi pubblici oltre dieci ettari di preziosi habitat in cui vivono specie sulla carta tutelate che presto verranno spazzate via. Però nella Costituzione ci potremo fregiare di belle parole da ricordare in convegni e comunicati stampa”.