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In otto anni 56.258 abitanti in meno in Abruzzo

Sono due le principali cause alla base della crescita dello spopolamento: la mancanza di occupazione e il peggioramento della qualità della vita, per una carenza di servizi

Nel panorama abruzzese, soprattutto in vista delle prossime elezioni regionali alle porte, parlare di aree interne è inevitabile. Un tema per anni inflazionato in campagna elettorale, un argomento che ha trovato in ogni nuovo governo regionale un capitolo dedicato, con tanto di finanziamenti e strategie, eppure chiunque abbia presentato un “Piano Marshall” in questo senso non è riuscito a risolvere le tante questioni ancora aperte che rendono le aree interne abruzzesi  – ma il discorso potrebbe essere allargato all’intero Paese – sempre meno appetibili, marginalizzate rispetto alle grandi città.

 

Non aiuta in questo scenario il fenomeno di declino demografico proprio delle aree interne: basti pensare che in appena otto anni (2013-2021) la popolazione abruzzese è passata da 1.329.918 abitanti a 1.273.660, registrando un decremento di 56.258 abitanti. In valori percentuali – secondo una fotografia scattata dall’economista abruzzese Aldo Ronci – la flessione del 4,23% è stata pari a ben due volte quella italiana che ha registrato un decremento del 2,26%. Nel periodo in considerazione, si registra il decremento maggiore si registra nella provincia di Chieti (-19.378 abitanti). Seguono l’Aquilano (-17.200), il Teramano (-10.755) e la provincia di Pescara (-8.925). Secondo un recente studio di Abruzzo Openpolis, al 2030 – in uno scenario di previsione mediano, intermedio tra quelli “più pessimistici” e quelli “più ottimistici” – i residenti in Abruzzo potrebbero essere meno di 1,23 milioni (-4% rispetto ad oggi). Nel 2050 potrebbero scendere sotto la soglia di 1,1 milioni. Nel 2070 potrebbero essere circa 920mila, il 28% in meno rispetto al dato odierno. Per bloccare lo spopolamento, secondo Ronci, occorre sollecitare con forza e determinazione la Regione affinché: istituisca le Aree Urbane Funzionali per migliorare la qualità della vita dei territori regionali e in particolare dell’area Peligna, metta in campo iniziative e risorse per migliorare la competitività del sistema produttivo abruzzese.

 

Sono due le principali cause alla base della crescita dello spopolamento: la mancanza di occupazione e il peggioramento della qualità della vita, per una carenza di servizi.

 

A preoccupare è soprattutto la fuga dei giovani e la denatalità, fenomeno quest’ultimo – in costante crescita – strettamente collegato all’invecchiamento della popolazione. Per Ronci «è lo spopolamento giovanile il più allarmante, in quanto crea un problema di squilibri nel rapporto tra generazioni a svantaggio della popolazione potenzialmente più attiva e produttiva con implicazioni preoccupanti di carattere sociale ed economico». L’incremento dell’occupazione si riesce ad attuare, secondo l’economista abruzzese, «solo se si riesce a migliorare la competitività del sistema produttivo abruzzese che versa in una situazione di oggettiva difficoltà». Per questo «la Regione deve porre in essere iniziative e reperire risorse capaci di promuovere il miglioramento della competitività attraverso l’innovazione del sistema produttivo tenendo anche conto delle peculiarità dei diversi territori regionali e in particolare di quello Peligno».

Lorena Lucarelli

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