“La pubblicazione della foto della bambina ucraina che imbraccia il fucile mentre succhia un leccalecca è stata utilizzata in maniera massiccia dai media italiani. Questa scelta, prima ancora di violare la Carta di Treviso sulla protezione dei minori, pone serissimi problemi etici ai direttori che hanno deciso di utilizzarla senza valutare gli effetti della pubblicazione di una foto del genere. Se i social media diventano la fonte acriticamente utilizzata per attingere non notizie ma foto costruite, il giornalismo rischia seriamente di smarrire la propria funzione”.
Lo ha affermato il presidente del CNOG Carlo Bartoli intervenendo a Bari al premio giornalistico Michele Campione.
“Occorre chiedersi se abbia senso una scelta del genere in un contesto nel quale morte, dolore e sofferenza travolgono la vita di centinaia di migliaia di persone. La guerra è una tragedia che il giornalismo ha il dovere di raccontare nella sua crudezza. Ma che senso ha raccogliere dai social, che sono fonte in quantità industriale di fake news e disinformazione, immagini costruite come in un set fotografico? Oltretutto senza pensare alle conseguenze che la divulgazione di immagini che coinvolgono i minori possono ingenerare”, commenta il presidente.
“Il giornalismo deve fare un’attenta riflessione sul tema e lasciare fake news e strumentalizzazione dei minori ai social. L’informazione è un’altra cosa”.