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La protesta dei lavoratori dello spettacolo

Più di mille famiglie colpite in Abruzzo

Sono oltre un migliaio, in Abruzzo, le famiglie colpite direttamente dalla crisi del settore dei service per lo spettacolo conseguente all’emergenza sanitaria iniziata un anno fa. Per tutte le aziende che forniscono servizi tecnici, audio, video e luci al mondo del teatro, dello spettacolo dal vivo, della convegnistica e degli eventi live – circa 12mila imprese in Italia con 500.000 addetti – lo stop agli eventi, attuato inizialmente con l’auspicio di contribuire a frenare la diffusione del coronavirus, si è tradotto nella perdita del 60% del fatturato annuale in Abruzzo.

E ora la situazione è davvero insostenibile. Lo raccontano all’Ansa Abruzzo Alfredo di Celano, Alessandro di Giulianova, Bruno di Isola del Gran Sasso, Livio di Sulmona, Marcello di Sant’Egidio alla Vibrata, Luigi di Sulmona, in un video, da ieri su YouTube, realizzato da ‘Ars Abruzzo’, associazione nella quale si sono riunite 46 aziende per affrontare la crisi nella prima emergenza. Ars nasce nel più ampio quadro di riferimento della FedAS, la Federazione Aziende Spettacolo Italia, associazione datoriale costituita per tutelare gli interessi sociali ed economici dei datori di lavoro del comparto Spettacolo su tutto il territorio nazionale. L’intento è curare la tutela, lo sviluppo e la valorizzazione degli imprenditori che operano nel mondo degli allestimenti dello spettacolo, televisivi, fieristici, teatrali, musicali, tutti settori fermi ormai da troppo tempo. Il presidente di Ars Abruzzo, Carlo Volpe, è nel board della Fedas nazionale. Molti sono gli argomenti da trattare con le istituzioni e il governo: a parte le riforme strutturali nel comparto Spettacolo e Cultura, anche riclassificazione del settore e riconoscimento professionale, riforma del codice Ateco, Legge 37/08.

“I nostri materiali sono fermi in magazzino, non riusciamo ad arrivare a fine mese – raccontano i soci di Ars che nell’ottobre scorso hanno partecipato a ‘Bauli in piazza’ – Abbiamo sempre avuto una vita lavorativa frenetica, questo stop forzato ci ha dato modo di riflettere. Ripartiamo con i protocolli giusti, ma ripartiamo!”. Prima che sia troppo tardi.

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