L’Abruzzo resta in zona arancione.
Lo ha deciso la cabina di regia, all’esito del monitoraggio settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità e del ministero della Salute, relativo al periodo dal 31 gennaio al 6 febbraio.
La classificazione complessiva di rischio è considerata “non valutabile” e quindi equiparata a “rischio alto”, come avviene da “tre o più settimane consecutive”. Nonostante le terapie intensive entro i limiti massimi, pesano i ricoveri in area medica, che sono superiori alla soglia e pesa, soprattutto, l’allerta di resilienza relativa alla capacità di monitoraggio.
Intanto, dalla ‘flash survey’ condotta dall’Istituto Superiore di Sanità e dal ministero della Salute, insieme ai laboratori regionali e alla fondazione Bruno Kessler, sui positivi dello scorso 31 gennaio, emerge che la prevalenza della variante Omicron, in Abruzzo, raggiunge il 100%.
In particolare, su 1.231 nuovi casi positivi al tampone molecolare, sono stati 51 quelli sequenziati a campione. Dalle attività di sequenziamento è emerso che tutti sono riconducibili alla variante Omicron.
Nessun caso, dunque, è dovuto alla variante Delta. L’Abruzzo è una delle undici regioni in cui Omicron è al
100. La media italiana è del 99,1%. A livello regionale sono due le strutture che si occupano delle attività di sequenziamento: il laboratorio di Genetica molecolare – Test Covid-19 dell’Università ‘D’Annunzio’ di Chieti e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise di Teramo.