“Anni fa sottoscrivemmo il primo “accordo ferie” in LFoundry, – scrivono i sindacati – lo facemmo perché bisognava iniziare a mettere riparo ai danni provocati dalle imposizioni della vecchia proprietà. Scopo degli accordi sottoscritti nel tempo era quello, scontato direte in molti, di garantire ai dipendenti la fruizione di giornate di riposo nei momenti e nei periodi in cui ne avevano l’esigenza, ovviamente in accordo con colleghi e supervisori. Malgrado la presenza di queste intese, le storture della catena di supervisione non sono mancate, arrecando disagi e generando malcontento nei dipendenti. Questi fatti hanno indotto la RSU a non rinnovare l’accordo ferie e a diffidare la direzione aziendale dall’applicare in ultrattività l’ultimo disponibile, liberando così i lavoratori dagli impegni assunti (utilizzo dell’intero monte ore ferie/par entro l’anno di maturazione)”.
“Da alcune settimane è tornato alla carica il mago dei numeri, che pensa di poter gestire le ore di ferie e p.a.r. delle persone come se fossero di esclusiva pertinenza aziendale e facendo imporre, alla povera catena di supervisione, fruizioni forzate di giornate di riposo in momenti non graditi ai lavoratori. Non vi è altra spiegazione a questo comportamento se non quella del mero aumento dei margini di guadagno della proprietà e del conseguente bonus a 4 zeri per il mago dei numeri che l’obiettivo trimestrale ha raggiunto. Le decisioni vengono calate dall’alto, senza i filtri del gruppo dirigente (compresi i nostri interlocutori) che, evidentemente, in questa fase ha deciso di farsi da parte rinunciando ad esercitare il proprio ruolo. Forse l’intento è quello di salvare la poltrona? Ma allora a cosa serve la piramide?”.
“Questa lunga premessa per rappresentare la nostra, purtroppo rafforzata, preoccupazione che una gestione puramente economica, finalizzata all’ottenimento dei margini promessi e bonus individuali, non lascia spazio a discorsi di prospettiva industriale: le continue uscite di personale tecnico ed ingegneristico specializzato e con esperienza (che non si tenta minimamente di trattenere) insieme alla mancata politica di rimpiazzo e rafforzamento di tali figure che richiede programmazione e quindi visione prospettica dell’azienda, l’ostinato rifiuto di accedere ai finanziamenti specifici per il settore e il mancato accordo sul contratto di espansione sono tutti segnali che non ci rassicurano. Qualche ardito potrebbe domandarsi “ma siamo una fabbrica o una cash cow?” E la responsabilità sociale d’impresa?”.