Il 24 gennaio si è consumato sotto un cielo freddo il primo anniversario della tragica scomparsa dei quattro “angeli del Velino”. Una morte la loro che è una cicatrice sul cuore di una comunità estesa, larga e senza confini. In cattedrale dei marsi, il vescovo ha ricordato il loro immenso amore per la vita che doveva essere amata e vissuta, come un bicchiere eterno di acqua, senza fondo. Un’omelia, quella del Vescovo Massaro, che ha risvegliato le coscienze, e che ha ribadito quanta importanza può avere oggi il loro coraggio dimostrato di guardare sempre avanti.
Ecco il testo integrale:
“Nel primo anniversario della morte di Valeria, Gianmarco, Gian Mauro e Tonino
La morte si configura sempre come un ladro che compie il furto dell’opera d’arte più preziosa, quella della vita. Sentiamo che la vita ci appartiene e che la morte non ha nessun posto nel nostro profondo desiderio di vita. Contro la morte noi lottiamo con tutte le nostre forze, e diventa ancor più difficile accettarla quando colpisce improvvisamente le persone che ami e che ti sono care. A distanza di un anno è certamente ancora molto grande il dolore di voi familiari e amici per la morte di Valeria, Gianmarco, Gian Mauro e Tonino. E non ci sono parole umane in grado di alleviarlo. Noi siamo qui, comunità cristiana, autorità civili e militari, rappresentanti dei corpi civili e militari, associazioni di volontariato per condividere il vostro dolore. Siamo qui per dirvi che il vostro dolore è anche il nostro dolore, è il dolore di una città e della Marsica intera sempre capace, come nessun’altra terra, di avere un cuore generoso. Una terra abitata da un popolo forte e tenace che nei momenti più difficili sa ricompattarsi e far sentire calore e affetto. Non sentitevi soli, carissimi amici, sentitevi abbracciati da un’intera comunità che vi vuole bene e soffre con voi. Quanto ho desiderato, io personalmente, essere presente a questa celebrazione per portarvi tutto il mio affetto. Vi ho conosciuto solo questa mattina ma sin dal giorno in cui ho messo piede in questa terra ho colto il vostro dolore immenso. Sentitevi circondati non solo dal nostro affetto bensì in primo luogo dall’amore e dalla forza di Dio”.
“Dinanzi a eventi tragici e drammatici è forte la tentazione di chiudersi nel proprio dolore e prendere le distanze anche da Dio. Il brano del vangelo appena ascoltato ci mette in guardia da un peccato definito il più pericoloso di tutti. È il peccato contro lo Spirito Santo. «In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna» (Mc 3,28-29). E qual è questo peccato contro lo Spirito Santo così grave? È negare l’evidenza di Dio, la sua presenza, il suo amore. Nella pagina evangelica odierna Gesù viene scambiato per un indemoniato, mentre nel passo precedente i suoi parenti lo ritengono un pazzo. Anche noi, dinanzi a certi eventi drammatici della vita, rischiamo di non riconoscere più Dio come nostro compagno di viaggio, e di vederlo assente, distante da noi. La parola di Dio ci invita allora a non perdere la fiducia in Dio, la consapevolezza che lui ci è accanto”.
“Gesù è colui che ha vinto la morte non eliminandola ma affrontandola. E nel momento della morte anche lui ha avuto l’impressione di essere stato abbandonato da Dio: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34). È il suo grido di dolore sulla croce. È come se Gesù dicesse: «Sì, mi sento abbandonato, non percepisco la tua presenza, ma tu sei e tu rimani il mio Dio, e nelle tue mani io consegno la mia vita». Aveva circa trenta anni – più o meno l’età di Valeria, Gianmarco e Gian Mauro –, aveva fatto solo del bene come i nostri quattro amici, e anche lui ha conosciuto una morte prematura. Forse era necessario proprio questo affinché potesse davvero darci speranza. Ci avesse detto solo delle belle parole di consolazione, avremmo sempre potuto dire: «Sì, è vero, ma siamo noi uomini che dobbiamo morire e la morte è per noi una sconfitta irreparabile». Solo un Dio inchiodato per amore sulla croce può dirci parole credibili anche di fronte alla morte; può garantire che la morte non è l’ultima parola pronunciata sulla nostra vita. La vittoria di Cristo sulla morte sta nella sua risurrezione. Credere nella risurrezione significa credere che la morte non è un salto nel buio bensì un passaggio da una vita ad un’altra vita: dalla vita terrena alla vita eterna. Cristo è risorto per dirci che non esiste la morte per chi ama. È l’amore che vince la morte. Il contrario della morte non è la vita, ma è l’amore. Credere nella risurrezione significa credere nell’amore. Cristo è risorto perché ha amato e lo ha fatto fino alla fine”.
“I nostri quattro amici hanno creduto e vissuto nell’amore. Non li ho conosciuti ma, vedendo le loro foto, leggendo e ascoltando le testimonianze di familiari e amici, ho capito che erano persone amabili con una grande voglia di vivere. E la loro vita, sebbene breve, è stata una vita riuscita, bella perché segnata dall’amore, dalla bellezza per il creato, per le alte vette. «Il bene genera bene», soleva dire Gian Mauro, e in tanti hanno beneficiato del suo bene; Valeria desiderava volare in Africa con il suo Gianmarco per aiutare i bambini meno fortunati; mentre Tonino, appassionato di alpinismo, nelle escursioni era generoso e attento con chiunque facesse parte della comitiva. I quattro amici non si accontentavano di una vita mediocre ed erano impegnati in più ambiti a fare del bene a tutti.
La loro capacità di amare è la garanzia della loro risurrezione. E il loro amore non è di certo venuto meno con la morte come non è venuto meno il vostro amore nei loro confronti. Un amore che ce li fa sentire ancora vivi e presenti. È infatti l’amore che ci consente di vivere le relazioni. Noi possiamo fisicamente stare 24 ore su 24 ore con una persona, se non c’è però amore non si crea una relazione. Ciò che crea la relazione è l’amore. È l’amore che unisce ora, forse ancora di più, Valeria a Gianmarco, è l’amore che tiene uniti i nostri quattro amici, intenti a esplorare le vette del paradiso. Ed è l’amore che, essendo più forte della morte, ci consente di vivere in relazione con i nostri fratelli defunti. Molto bello ciò che scrive sant’Agostino: «Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dov’erano ma sono ovunque noi siamo». Sì, Valeria, Gianmarco, Gian Mauro e Tonino sono vivi in Dio e continuano a essere presenti nel cuore di tutti coloro che li amano.
“A voi, genitori, familiari e amici, desidero chiedere un’ultima cosa: continuate a custodire dentro di voi l’amore e la stima per la vita. Ne abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno della vostra testimonianza proprio perché sappiamo quanto la vita vi abbia percosso, abbiamo bisogno che, nonostante tutto, voi diciate a noi che è giusto sperare, che non bisogna mai perdere la fiducia in Dio e nella sua presenza, che non bisogna mai perdere l’amore per la vita”.